giovedì 12 dicembre 2019

...ALTRE 10 INCREDIBILI STORIE DI UNA MILANO DAVVERO CURIOSA...


Foto di Francesco Mezzotera

Riprende la narrazione di storie milanesi davvero curiose, ordinate con criterio cronologico. L'ultimo post era ambientato nel XVI sec. e sempre da lì riparte la narrazione, con la differenza che ora gli occupanti di Milano parlano spagnolo e non più francese.


11 Mal di denti in san Simpliciano 
E' la chiesa di san Simpliciano una delle più belle e antiche della città, ma è il suo campanile a regalarci una leggenda molto antica che ci parla di mal di denti.
Questa torre infatti, così come quella della vicina chiesa di S. Maria del Carmine, fu abbassata per volere del governatore spagnolo, nel XVI sec, per fare in modo che nessuno potesse spiare ciò che avveniva nella vicina caserma (l'attuale Castello Sforzesco). In quel periodo pare infatti che ci fosse un mercante di porta Comacina che soffrisse di un forte dolore al molare, dunque chiese al campanaro di san Simpliciano di poter suonare le campane con la bocca nella speranza di vedersi strappare i denti. Risultato: una sonora capocciata contro il soffitto della cella campanaria! In compenso il mal di denti cessò definitivamente...


Foto di Francesco Mezzotera


12 Storia di palazzo Marino 
Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, è in grado di regalarci una storia che vale senz'altro la pena di conoscere...
Tommaso Marino era uno strozzino genovese che abitava a Milano nei pressi dell'attuale Municipio. La sua terribile fama era diffusa tra tutti gli abitanti della città e non solo. Pare infatti che prestasse denaro agli uomini più potenti del XVI sec., compreso il Papa, e che non facesse sconti a nessuno! Un giorno, all'età di 78 anni, incrociò una bella ragazza, Arabella (detta Ara) Cornaro e se ne innamorò immediatamente, tanto da pretenderla in sposa. Dunque mandò un suo emissario a chiedere la mano al padre della ragazza, un nobiluomo veneziano. Quest'ultimo, saputo da chi proveniva la richiesta, negò categoricamente al genovese di sposare la propria bella figliola. Detto fatto, Marino fece rapire Ara dai suoi bravi (riconoscibili da una mazza con lo stemma del loro padrone e cioè tre pesciolini guizzanti). Questo avvenimento rischiava di far scoppiare un conflitto diplomatico tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano. Così intervenne subito il governatore spagnolo del ducato milanese a fare da mediatore, il quale riuscì a far scendere a patti le due parti: il padre della ragazza infatti avrebbe acconsentito al matrimonio solo se Marino fosse stato in grado di costruire un palazzo bello quanto le grazie della figlia. Fu così che Tommaso Marino impegnò tutti i suoi averi per poter costruire il Palazzo che oggi ammiriamo, ma questa sua scelta lo portò in rovina, tanto che la costruzione gli venne confiscata dalle autorità spagnole che la utilizzarono per lo svolgimento di attività di carattere fiscale; ancora oggi il palazzo è sede di uffici pubblici. Tommaso Marino era molto odiato dalla popolazione milanese e a maggior ragione il fatto che il suo Palazzo fosse la sede degli uffici dove la gente doveva recarsi per pagare le tasse accrebbe questo sentimento nei confronti del genovese, tanto che fu formulato un'anatema:
Congeries lapidum, multis constructa rapinis aut uret, aut ruet, aut alter raptor rapiet
(Accozzaglia di pietre, costruita grazie a molte ruberie o brucerà, o cadrà, o sarà rubata da qualche altro ladro)
Tutto questo avvenne puntualmente nel corso dei secoli: il Palazzo infatti fu sventrato durante i bombardamenti nell'agosto del 1943.
Naturalmente, dopo la confisca, l'uomo non si calmò, anzi il destino avverso era stato in grado di esacerbare la sua indole iraconda, tanto che in un accesso di rabbia chi ne fece le spese fu la povera Ara che venne impiccata dal marito stesso al baldacchino della villa di campagna a Gaggiano.
Fino a qualche decennio fa i bambini di Milano utilizzavano come conta una filastrocca che riguardava questa sfortunata creatura:
Ara, bell''Ara discesa Cornara, de l'or fin, del cont Marin strapazza bardocch, dent e foeura trii pitocch, trii pessitt e ona massoeura, quest l'è dent e quest l'è foeura.
(Ara, bell'Ara della famiglia Cornaro, dai capelli di oro fino, appartiene al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori di casa ci sono tre bravi, con la mazza e i tre pesciolini, questo è dentro e questo è fuori)

Marino morì molto anziano (97 anni), e dopo la sua scomparsa la sua famiglia visse un'altra vicenda disdicevole: la nipote Marianna infatti era stata costretta a diventare monaca presso il convento di Monza e la sua triste storia fu immortalata dal grande letterato Alessandro Manzoni.


Palazzo Marino
Foto di Francesco Mezzotera

13 Palazzo Acerbi: la casa del Diavolo! 
Il marchese Acerbi fu protagonista di una leggenda che si venne a creare durante la peste milanese più famosa: quella del 1630.
Il nobil uomo proveniva, con molta probabilità, da Ferrara e giunse a Milano in un periodo di forte crisi economica (i primi decenni del XVII sec.). Eppure, nonostante anche i cittadini ricchi tendessero a fare un uso parsimonioso del proprio denaro, lui invece prese a fare spese folli, sopratutto per abbellire la propria residenza. I milanesi, forse mossi da invidia, presero a dire che il marchese era il Diavolo: solo lui infatti poteva permettersi tanto lusso in un periodo così misero!
Il marchese saputa la notizia, iniziò ad avere un atteggiamento utile ad avvalorare questa diceria: ad es. andava in giro in carrozza con quattro paggi dall'aspetto lugubre, magri, pallidi e sempre di nero vestiti.
Con lo scoppio della pestilenza chi poté scappò dalla città e chi rimase evitò il più possibile la vita sociale...Tutti tranne il marchese Acerbi: lui infatti continuò a tenere feste e la cosa incredibile era che nessuno tra gli invitati, la servitù ed il nobil uomo stesso si ammalò. Fu questa situazione a convincere sempre di più i milanesi che il marchese altro non fosse che il Demonio in persona! Ecco perchè ad oggi, in corso di porta romana 3, è possibile trovare il palazzo del Diavolo.
Eppure, da studi approfonditi, pare che il marchese fosse già morto allo scoppio della peste...



Palazzo Acerbi, foto di Francesco Mezzotera


14 Barbarinetta e il Cristo del Verziere 
Ci troviamo in largo Augusto, l'antico Verziere di Milano. 
Qui nel 1673 venne eretta la statua che ancora oggi possiamo ammirare sulla sommità della possente colonna. Eppure una grossa differenza c'era rispetto ad oggi: il Cristo Redentore guardava in origine verso piazza santo Stefano e non verso via Durini. 
Per spiegare l'accaduto si è ricorsi, come al solito, alla leggenda. Nello specifico la leggenda di Barbarinetta, brava ragazza popolana che qui abitava. Una sera la fanciulla stava tornando a casa con suo padre, quando incapparono in un gruppo di balordi, i quali uccisero il genitore e sequestrarono la figlia. La povera Barbarinetta era predestinata alle violenze più inaudite da parte di questi delinquenti, ma il suo fervore giovanile la spinse ad urlare a più non posso e a divincolarsi per sfuggire al suo atroce destino. Questa sua reazione sicuramente fu utile perchè attirò l'attenzione di un bel giovane che riuscì a sconfiggere nella rissa il gruppo di delinquenti, i quali se la diedero a gambe. Manco a dirlo Barbarinetta si innamorò del suo bel salvatore! Ma non sapeva, la povera ragazza, che anche il suo amato era un assassino, dallo stile di vita dissipato e ricercato dalla polizia. Eppure per lui Barbarinetta cambiò radicalmente: iniziò a vagabondare e a dimenticare quello che in origine era: una brava ragazza. Il destino però talvolta è crudele: il fidanzato venne catturato e giustiziato esattamente nella piazza dove abitava la fanciulla.
Barbarinetta non volle abbandonare il suo amato: proprio mentre la scure del boia calava sulla testa del condannato si sentì un tonfo...era la ragazza che si era lasciata andare nel vuoto per congiungersi eternante con il proprio amato. 
In quel momento si dice che Gesù si voltò per non assistere a questa scena decisamente straziante...

Risultati immagini per colonna largo augusto milano
Fonte: Wikipedia

15 Sant'ambrogio benedicente 
Su via Mercanti, di fronte al Palazzo della Ragione, troviamo il Palazzo dei Giureconsulti con al centro della sua facciata una statua enorme che rappresenta s.Ambrogio benedicente. Nel XVIII sec. l'oste dell'osteria ancora presente in piazza Mercanti fu arrestato perchè aumentò il prezzo della polenta da due a tre soldi. Al momento dell'arresto si giustificò dicendo che non era colpa sua ma di s.Ambrogio che glielo aveva suggerito con le tre dita alzate! 

Statua sant'Ambrogio, palazzo dei Giureconsulti,
 foto di Francesco Mezzotera


16 Contessa Giulia Samoyloff: storia di edonismi d'altri tempi 
Al n° 20 dell'elegante via Borgonuovo, troviamo Palazzo Bigli Samoyloff, residenza dell'omonima contessa russa. 
Era quest'ultima una donna davvero spendacciona ed edonista; un episodio racconta bene il suo stile di vita.
Il 9 maggio del 1832 la nobildonna tenne una festa che durò ben tre giorni. Il giardino del suo palazzo per l'occasione fu impreziosito da labirinti di siepi, cascate di fiori, orchestre che suonavano nascoste nel verde e un teatrino che proponeva spettacoli senza sosta. L'eco di questo spreco arrivò in Russia e costrinse lo zar a far interdire la contessa e a dare i suoi beni in amministrazione ad una banca milanese.

Sicuramente Giulia fu un personaggio bizzarro anche per i suoi contemporanei: aveva l'abitudine, poi così non originale, di farsi il bagno ogni mattina in una vasca piena di latte; latte poi rivenduto al vicino caffè Cova che lo trasformava in un sorbetto venduto ai soldati austriaci i quali erano follemente innamorati di lei (e non solo loro).



Giulia Samoyloff
FONTE: www.verdi.san.beniculturali.it


17 Teppisti al castello! 
Esiste a Milano una città che tutti noi conosciamo e una città invece sotterranea che altrettanto andrebbe conosciuta.
Era quest'ultima composta da vie sotterranee che permettevano alla famiglia ducale degli Sforza di scappare dal castello in caso di pericolo, per non finire ostaggio dei propri nemici. Con l'avvento di Napoleone a Milano, queste vie di fuga furono abbandonate, ma non del tutto non sfruttate.

Nella prima metà del XIX sec. infatti una banda di ragazzacci milanesi avevano l’abitudine di ritrovarsi nella strada coperta del Castello che allora risultava essere completamente ricoperta di muffa, visto il suo stato di abbandono. Muffa che in milanese si dice “teppa”, da qui il soprannome banda della teppa e dunque teppista. Questi ragazzi avevano l’abitudine di fare scherzi pesanti, soprattutto ai danni delle ragazze milanesi, le quali, secondo loro, altro non ambivano che a sposarsi con gli odiati soldati austriaci. La strada coperta permetteva di colpire e scappare senza essere intercettati. Questa situazione venne sopportata fino al giorno in cui, tra le vittime degli scherzi, non ci fu anche una ragazza appartenente a una famiglia molto vicina al viceré austriaco, il quale decise di non tollerare più la situazione: per ironia della sorte la banda fu sciolta e i loro componenti costretti a “mettere la testa a posto” arruolandosi in maniera coatta nell'esercito austriaco!


Strada coperta della Ghirlanda
FONTE:
      www.milanoneicantieridellarte.it



18 L'omm de preja 
E' questa statua molto preziosa per Milano, eppure, forse a causa della sua posizione elevata (a circa un metro da terra), passa puntualmente inosservata, mentre invece meriterebbe maggiore attenzione da parte dei milanesi.
Il Scior Carera era un'antica statua romana simile al Pasquino di Roma, cioè una statua parlante, una scultura sulla quale venivano affissi dei cartelli con lo scopo di sbeffeggiare di nascosto i potenti della città. Abitudine che era soprattutto in voga durante il Risorgimento, tanto che le autorità cittadine spostarono la statua al primo piano dell'abitazione dove si trovava allora (ai piedi di un palazzo in via san Pietro all'Orto), ma questo non impedì ai milanesi di appendere un cartello che invitava allo sciopero dei sigari, che diede poi il via alle cinque giornate nel 1848.
Il suo nome deriva dalla prima parola dell'iscrizione di Cicerone ai piedi della statua "Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est" (Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a parlare contro un altro), ma viene anche comunemente chiamato Omm de Preja, cioè uomo di pietra.


Foto di emiliano marin


19 La dama velata: emozioni da far perder la testa 
Via Paleocapa è quella via che, fuoriuscendo dal parco Sempione, conduce a piazza Cadorna, ed è qui che si presume sia ambientata la prossima storia...
A partire dalla fine del XIX sec., si verificarono in zona parco Sempione strani casi di improvvisa malattia mentale: si trattava nella totalità delle volte di uomini che passeggiavano per i viali del parco, soprattutto nelle notti invernali. Questi sventurati, con la poca lucidità e serenità a loro rimasti, raccontavano di essersi innamorati e conseguentemente impazziti! La donna oggetto del loro amore era speciale; era infatti in grado di intercettarli nelle notti invernali, trascinarli con se' nella sua casa e lì, dopo frenetici balli in stanze rischiarate dalle sole candele, sedurli fino a che non erano costretti a fare la macabra scoperta: durante i momenti intimi il malcapitato alzava il velo che costantemente era calato sulla faccia della dama, per poi scoprire che sotto di esso si celava un teschio!
Eppure le vittime, dopo essersela data a gambe, tornavano sui propri passi con l'intento di ritrovare l'abitazione della dama velata, per poi scoprire che quella casa in realtà non esisteva...

E' da svariati decenni che non assistiamo più a testimonianze di uomini follemente innamorati: che la dama abbia trovato pace? (o forse è dovuto al fatto che ormai la nebbia ha abbandonato la città...).


FONTE: www.ilpost.it



20 Giovanni D'Anzi: storia di un apostrofo che conta
Corso Vittorio Emanuele ospita diverse piccole gallerie, ed è proprio in una di questa che idealmente ci recheremo per conoscere la prossima storia.
La galleria del Corso infatti ospita le case discografiche più importanti d'Italia e di fronte alla sede di una di queste (al civico 4) si trova una targa commemorativa di Giovanni D'Anzi, autore di "O mia bella Madonina".
D'Anzi, come molti artisti, aveva un carattere molto particolare. Nacque nel 1906 a Milano da genitori pugliesi e, sin da piccolo, aveva l'abitudine di vantarsi del proprio cognome; qualcuno infatti gli aveva detto che i cognomi con l'apostrofo denunciavano nobili origini, e lui, modestamente, doveva esserlo. Un giorno la maestra, stanca di questi continui vaneggiamenti, lo rimproverò e il piccolo Giovanni, di tutta risposta, prese la propria cartella e la scaraventò sulla testa dell'insegnante. La punizione che seguì a questa azione fu esemplare e in linea con i tempi d'allora: espulso da tutte le scuole d'Italia. Per studiare fu dunque costretto a rimanere a casa, dove un giorno fu notato dal maestro di pianoforte della sorella, mentre strimpellava sui tasti. L'insegnante non vedente non aveva dubbi: il bambino aveva un talento innato per la musica! E infatti da lì a poco il giovane iniziò a lavorare come pianista. Un giorno, durante un festival della canzone napoletana tenutosi al teatro Trianon, Giovanni si chiese come mai nessuno avesse composto un pezzo per la sua amata città. Solo allora gli venne l'ispirazione: compose di getto"Madonina" che suonò la sera successiva (siamo nell'ottobre del 1935) al termine del repertorio napoletano...e subito fu un successo che dura tutt'ora!


FONTE: https://www.deejay.it/articoli/milano-ha-una-nuova-madunina-e-come-da-tradizione-e-made-in-sud/


domenica 24 novembre 2019

DIECI INCREDIBILI STORIE DI UNA MILANO DAVVERO CURIOSA


Orario Confessioni
vetrate del Duomo
FONTE https://adottaunaguglia.duomomilano.it/it/infopage/vetrate-in-duomo

Più passa il tempo e più mi accorgo di quanto i milanesi poco conoscano la propria città...
Più passa il tempo e più mi accorgo di quanto i milanesi desiderino conoscere la propria città.
Dunque questo post e il seguente sono per tutti coloro (milanesi e non) che hanno voglia di sorridere di e con Milano, piangere per lei, aver paura e soddisfare la propria sete di conoscenza.
Sono 20 storie (ce ne sarebbero tante altre da raccontare, ma queste sono sicuramente le più meritevoli) messe in ordine cronologico che, mi auguro, assolvano al compito di divulgare le conoscenze di questa città incredibilmente sorprendente!
Ecco le prime dieci.
Buona lettura...



1 Belloveso e la fondazione di Mediolanum 


Foto di Francesco Mezzotera

Spesso ci si è interrogati su quale sia l'origine della città e del suo nome. Esistono tante versioni, ma quella più accreditata, anche se leggendaria, è senz'altro quella narrata da Tito Livio (59 a.C., 17 d.C.), secondo il quale un principe celtico di nome Belloveso, fu inviato dall'anziano zio alla ricerca di nuove terre da colonizzare.

Partì probabilmente dall'attuale Francia centrale e, una volta varcate le Alpi, fondò nel "territorio degli Insubri" Mediolanum.
Il nome della città ai tempi dei celti doveva essere Medhelan, poi latinizzato in Mediolanum, ossia "semi lanuta" che verosimilmente fa riferimento alla leggenda della scrofa con il dorso coperto di lana.
Andrea Alciato (XVI sec.) riporta per iscritto la leggenda: giunto nella pianura padana Belloveso consultò l'oracolo il quale disse che, dove avrebbe trovato una scrofa ricoperta di lana, allora lì avrebbe potuto fondare la sua città. Il principe disperava di poter trovare un animale simile, ma incredibilmente, mentre riposava sotto un albero, scorse questo maiale e lì fondò Mediolanum.
Ancora oggi l'immagine di questo animale mitologico possiamo ammirarlo sulla seconda arcata del Palazzo della Ragione (lato che si affaccia su via Mercanti).


2 "Tredesin de marz" 



Foto tratta da http://www.tviweb.it

La storia che sto per raccontare ha, diversamente da altre, una datazione ben precisa: 13 marzo del 51 d.C.
A questa data si fa risalire, ad opera di san Barnaba apostolo, la conversione di Mediolanum al cristianesimo.
La leggenda narra infatti del santo che, una volta giunto nei pressi della città, si fermò non lontano dalla porta Orientale, valutando il da farsi, dal momento in cui veniva chiesto a chiunque entrasse in città un tributo agli Dei pagani. In quel momento decise di formare una croce e per farlo prese due rami conficcando la parte verticale in una pietra lì presente. Il minerale sembrava burro in quel momento, tanto che san Barnaba incise con le dita alla sua base tredici segni a raggiera attorno al legno della croce. Questo incredibile avvenimento attirò subito tante persone, le quali rimasero colpite dal gesto e dalle parole pronunciate dall'apostolo. Quando il santo si apprestò a varcare la porta, per miracolo le statue degli Dei si sbriciolarono, la neve allora presente si sciolse e apparvero i primi fiori, preludio di primavera. 
Giunto nei pressi dell'attuale basilica di sant'Eustorgio iniziò ad impartire i primi battesimi; nasceva così la prima comunità cristiana mediolanense.

Con l'avvento del cristianesimo, sant'Ambrogio decise di custodire la preziosa pietra con i tredici segni nella basilica di san Dionigi che si trovava nell'attuale parco di porta Venezia.
Con l'abbattimento della basilica, nel XVIII sec., la pietra venne trasferita nella chiesa di santa Maria al Paradiso, in corso di porta Vigentina.
E' per questa ragione che nel fine settimana successivo al 13 marzo, nei paraggi di santa Maria al Paradiso, ossia in via Crema e dintorni, possiamo godere di una colorata fiera con, in prevalenza, bancarelle di fiori primaverili. E' la famosa fiera del "tredesin de marz" durante la quale anticamente si solea tagliare i capelli ai bambini perchè si diceva che così sarebbero ricresciuti più forti.

A proposito: è stato dimostrato che san Barnaba non arrivò mai a Milano (morì martirizzato a Cipro) e la pietra altro non era che un oggetto religioso venerato dagli Insubri!

Pietra in s.ta Maria al Paradiso (foto tratta da www.monitoremilanese.com)





3 La rocambolesca nomina di sant'Ambrogio 



Immagine sant'Ambrogio nel gonfalone di Milano
Ambrogio è senz'altro IL personaggio di Milano e questa sua grandezza è forse anche il risultato di una vita davvero speciale. 
Nacque nel 340 a Treviri, nelle Gallie (attualmente in Germania) da genitori cristiani, dopo Satiro e Marcellina (entrambi santi). Nonostante la sua famiglia vantasse di avere una santa martire tra i suoi membri (santa Sotere), Ambrogio in realtà non era battezzato. Le sue ambizioni erano in ambito politico: nel 374, al momento della morte del vescovo milanese Aussenzio, lui ricopriva la carica di governatore dell’Emilia e Liguria (che comprendevano anche Piemonte e Lombardia) con sede a Milano (capitale dell'impero d'occidente).
Con la morte di Aussenzio, in città si vennero a creare forti contrasti tra le due fazioni in cui era divisa la chiesa: catari e cattolici.
Vista la situazione, Ambrogio volle partecipare all'elezione pubblica del nuovo vescovo, per poter garantire l'ordine. 
La nomina si prospettava difficile dato che le due parti non riuscivano a convergere su un solo candidato, così il governatore decise di prendere la parola per far sì che potessero conciliare tra di loro.
Al termine del suo magistrale discorso si venne a creare il silenzio più assoluto e, dal fondo della chiesa emerse una vocina di bambino che urlava "Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!"; passò qualche istante e l'intera assemblea si unì alla vocina.
Sentito questo chiassoso entusiasmo, il governatore scappò in preda al panico, perchè tutto desiderava tranne che diventare vescovo!
Nei giorni seguenti, per poter convincere i suoi concittadini di non essere adeguato alla carica, intraprese uno stile di vita peccaminoso: iniziò a frequentare delle prostitute e a far frustare i detenuti (per questo viene raffigurato con la frusta in mano)...Eppure i milanesi, più passava il tempo e più reclamavano Ambrogio vescovo.
Vista la situazione allora il povero governante decise di scappare dalla città, ma ogni volta che lo faceva, i milanesi lo riacchiappavano, anche grazie a Berta, la sua mula che, testarda, non ne voleva proprio sapere di allontanarsi da Milano.
La prima volta chiese a Berta di portarlo in piena notte da suo fratello Satiro a Pavia, lei che la strada la conosceva così bene. La povera mula trotterellò per ore finchè all'alba Ambrogio non si accorse che era ancora nei pressi di Milano: avevano fatto il giro quasi completo della città! Il futuro santo si stava riposando in un piccolo bosco quando venne sorpreso dai milanesi che si recavano in città per lavorare, i quali credettero che Ambrogio si fosse perso e dunque lo incitarono a tornare a casa. Nel posto dove è stato ritrovato il futuro vescovo è sorta una chiesa: sant'Ambrogio ad nemus (sant'Ambrogio al bosco) che in milanese divenne "sant'Ambroeus andemm" dalle esortazioni dei fedeli.
Facciata della chiesa di sant'Ambrogio ad nemus in via Peschiera a Milano
da www.restaurobcp.it

La seconda (e ultima) volta decise di ferrare al contrario l'asina, per poter confondere i suoi inseguitori, ma Berta, arrivata dalle parti di Abbiategrasso si impuntò tanto da permettere ai milanesi di catturarlo. A tal proposito, si narra che il nome del paese Corbetta (dove si presume si sia fermato il futuro santo) nasca proprio dalle incitazioni di Ambrogio alla sua mula: "Cor Betta, cor Betta!!!"
A questo punto il governatore si arrese al suo destino: decise di farsi battezzare e, nell'arco di una settimana, fu nominato vescovo, esattamente il 7 dicembre (giorno a lui consacrato) del 374.

Chiesa sant'Ambrogio a Corbetta, costruita sul luogo presunto in cui venne catturato il governatore




4 La colonna del Diavolo 


Sulla sinistra dell'ingresso della chiesa di sant'Ambrogio si erge una solitaria colonna di marmo chiamata "colonna del Diavolo". A metà altezza si notano due fori...lasciate dalle corna del Diavolo! La leggenda narra infatti che Ambrogio passeggiava davanti alla chiesa leggendo i testi sacri; dopo l'ennesimo tentativo da parte del Diavolo di indurlo in tentazione, il vescovo esasperato gli piazzò un calcione sul didietro che lo spedì dritto contro la colonna qui presente; le corna si conficcarono nel punto esatto dei due fori e da lì venne risucchiato nuovamente all'Inferno.
Ad oggi si dice che se si accosta l'orecchio ai due fori è possibile sentire il rumore dello Stige, il fiume degli Inferi e sentire puzza di zolfo!
Inoltre si dice che la notte tra il sabato santo e il giorno di Pasqua, si può vedere circolare nei pressi della colonna un carro trainato dal Diavolo con a bordo le anime dei dannati condotte all'Inferno.
In realtà non si conosce la reale provenienza della colonna; si ipotizza che facesse parte di un monumento funebre e i due fori vennero qui praticati per il trasporto della colonna stessa.

Nell'alto Medioevo la colonna doveva essere abbracciata dagli Imperatori (provenienti dall'attuale Germania) per poter essere incoronati re d'Italia. Dopo aver giurato sul messale fedeltà al Papa e alla Chiesa Romana, il sovrano veniva incoronato con la Corona Ferrea.

Colonna del Diavolo


5 Storia di un prete dalla sorte davvero infausta 


La chiesa di san Tomaso in Terramara passa davvero inosservata in via Broletto; diverso è il discorso per il suo nome decisamente originale, così come originale è l'origine del suo appellativo.
Un'antica leggenda milanese narra  infatti che "Terramara" derivi da un episodio in cui Giovanni Maria Visconti (duca di Milano nel XIV sec.) si infuriò in seguito al rifiuto del parroco della chiesa di celebrare il funerale di un uomo, dato che la vedova non aveva i mezzi per pagare il compenso al prete. Fece quindi seppellire lo stesso prete da vivo nella bara del defunto nel cimitero della chiesa, da cui il nome di San Tomaso in Terra Amara. 

Molto più probabilmente però la dicitura deriva da quelle popolazioni che, sfuggendo alle invasioni barbariche, si rifugiarono in questa zona della città che prese il nome di Terra Amara in memoria dei propri luoghi d'origine.


Fonte: Wikipedia


6 Bernarda Visconti: eroina romantica del XIV sec. 


Seguire il proprio cuore non è mai stato troppo semplice, specie se sei nata a metà del 1300, specie se porti un cognome così importante come quello dei Visconti, specie se il tuo papà è il temutissimo Bernabò, Duca di Milano.


Bernarda era una delle figlie illegittime del Signore della città padana, eppure venne sempre trattata dal padre come gli altri legittimi, tanto da trovarle un nobile marito. Eppure la ragazza commise un errore: quello di innamorarsi di un cortigiano, tale Antoniolo Zotta. Quando i due amanti vennero scoperti, fecero una brutta fine: Antoniolo fu impiccato, mentre Bernarda venne chiusa nelle segrete della porta Nuova in attesa di giudizio. Niente servirono le suppliche dei famigliari della ragazza: il padre decise per lei la pena più crudele, ovvero la morte per inedia. In quella cella d'isolamento  buia per l'assenza anche di una semplice finestrella infatti Bernarda, nutrita a pane ed acqua, morì dopo nove mesi. Eppure già il giorno dopo la sua morte qualcuno iniziò ad asserire di averla vista in giro per le varie corti italiane e anche oggi qualcuno conferma di aver visto il suo fantasma girare per le vie del centro pronunciando la solita litania: " Non fate del male ad Antoniolo..."

Bernabò Visconti. Foto tratta da Wikipedia



Porta Nuova (via Manzoni).
Accanto alla porta medioevale si ergevano due torri ormai scomparse;
alla base di esse c'erano le celle di isolamento.
Foto tratta da Wikipedia




7 Un leone in ostaggio tra le mura di Milano


Curiosa è la storia della colonna che si erge di fronte alla chiesa san Babila:
nel XV sec. Milano era in perenne lotta con la Repubblica Veneziana per contendersi i territori che ancora attualmente si trovano tra le due vecchie potenze militari. Si racconta che Venezia riuscì ad arrivare alle porte di Milano per sferrare l'attacco decisivo di notte, mentre i milanesi dormivano...in realtà dormivano tutti tranne un prestinee (panettiere) che aveva il forno proprio vicino a Porta Orientale (l'attuale via san Damiano, poco distante da piazza s.Babila). Questo "eroe per caso", accortosi dell'esercito veneziano che si era accampato nei pressi della porta, andò ad allarmare tutta la città, la quale non si fece trovare impreparata di fronte all'attacco veneziano. L'esercito nemico infatti non poté fare altro che battere in ritirata, lasciando sul campo il proprio stemma: il Leone di san Marco che oggi troviamo issato sulla colonna seicentesca di fronte alla chiesa.

L'origine della piccola scultura posta sulla colonna probabilmente deriva da una battaglia conclusasi in maniera positiva per i milanesi i quali sequestrarono il leone in pietra ai veneziani, quale bottino di guerra.


8 Curiosa origine del risotto alla milanese 

Chiunque entri in Duomo non può non rimanere colpito dalle colorate vetrate della cattedrale; ce ne sono di tutte le età (nonché un paio ancora con i vetri neutri), ma quelle più antiche sono quelle dell'abside: a queste è legata la leggenda della nascita del risotto alla milanese che, come si sa, è fatto con lo zafferano. Sin dall'inizio della costruzione del Duomo infatti i Visconti vollero garantirsi le migliori maestranze presenti in Europa. Per fare le vetrate furono chiamati i vetrai fiamminghi; tra questi c'era un mastro vetraio, tale mastro Valerio di Fiandra, che aveva un discepolo soprannominato “Zafferano” perché aveva l'abitudine di usare questa spezia, non solo per creare il giallo che poi serviva per le vetrate, ma per creare qualunque colore. Il mastro vetraio lo canzonava dicendogli che prima o poi avrebbe messo lo zafferano anche nel riso (principale pietanza popolare del XIV sec)! Qualche tempo dopo, al matrimonio della figlia di mastro Valerio, “zafferano” si presentò con un dono molto particolare: un piatto di riso giallo. All'inizio tutti rimasero un po' impressionati (per non parlare delle burle che ricevette), ma poi, una volta vinta l'iniziale ritrosia, gli invitati iniziarono ad assaggiare il risotto e fu subito un successone!... Successone che dura tutt'oggi.
A partire dal XVI sec. Milano fu governata da potenze straniere, le quali considerarono il vecchio ducato degli Sforza semplicemente un posto da sfruttare. Inoltre spesso al cinismo straniero si affiancavano scelte poco felici e abbozzate, come quella di conservare nelle segrete del castello Sforzesco, più esattamente sotto la torre del Filarete, le polveri usate a scopo bellico.
Accadde così che un giorno del mese di giugno del 1521 probabilmente un fulmine colpì l'elemento metallico posto in cima alla torre, la quale esplose per questo evento naturale.
Anche in questo caso la fantasia popolare impiegò pochissimo a creare una leggenda per spiegare l'accaduto...
In quel periodo Milano era governata dai francesi, ma gli Sforza, con a capo Francesco II, provavano a riprendersi ciò che avevano perduto 22 anni prima. Al soldo di questi ultimi c'era un soldato svizzero conosciuto con il soprannome di Bombarda, per la sua maestria nell'utilizzo delle armi da fuoco. Verso fine giugno di quell'anno lo svizzero venne catturato dai soldati francesi mentre si stava sposando con la sua fidanzata Assunta nell'abbazia di Chiaravalle. Il governatore francese, saputo dell'accaduto ne approfittò subito per chiedere un favore al prigioniero: da quando era a Milano non riusciva più a dormire bene per colpa di un Angelo. Abitava infatti nei pressi della chiesa di san Gottardo in Corte (ancora oggi alle spalle di Palazzo Reale) che aveva sul proprio punto più alto, cioè sul campanile, una statua raffigurante un Angelo che, muovendosi con il vento, provocava rumori sinistri. Odetto di Foix (il governatore francese) dunque propose al Bombarda di abbattere con un solo colpo questo fastidioso segnavento in cambio della sua scarcerazione.
Naturalmente, per non farsi scoprire e avere questioni con la Chiesa, l'avrebbe dovuto fare quella sera stessa dato che c'era un temporale in corso e dunque sarebbe passato come un incidente: un fulmine che abbatte il campanile. Lo svizzero, appena intravide la possibilità di "salvare la propria pelle" e quella di Assunta, accettò subito. Lo portarono sulle merlate del Castello verso la città e, con un solo colpo riuscì, da così tanta distanza, a colpire ed abbattere il malcapitato Angelo. A questo punto però il comandante delle truppe francesi commise un errore: fece pernottare il Bombarda per l'ultima notte in prigione, senza togliergli l'arma appena usata. Proprio dalla finestra della prigione lo svizzero vide una cosa che lo fece imbestialire: Assunta era diventata il passatempo per i soldati francesi i quali la violentavano a turno...non ci pensò due volte: prese la mira e sparò alla base della torre del Filarete.  La torre crollò, 300 soldati, nonché Assunta, morirono sepolti dalla struttura, il Bombarda venne immediatamente giustiziato e il comandante fu licenziato per aver commesso una tale ingenuità. Solo il governatore riuscì a trarre giovamento da questo episodio: da quella sera poté dormire beatamente senza più lo stridore dell'Angelo!
Quest'ultimo infatti venne riposizionato diversi anni e governi dopo (1735), mentre il castello si privò del suo elemento più ornamentale, cioè la torre progettata dal Filarete, fino agli inizi del 1900 quando venne ricostruita.




P.za Cairoli con il Castello sullo sfondo. Cartolina dei primi anni del novecento dove è possibile notare l'assenza della Torre del Filarete che verrà ricostruita a breve.



10 Bianca Maria, contessa di Challant: storia di una arrampicatrice sociale alla corte dei francesi 


E' risaputo che nel XVI sec. la classe dominante era quella aristocratica, eppure c'era in quel periodo, tra le fila del popolino, una fanciulla di nome Bianca Maria Scapardone conscia della sua bellezza e del non volersi accontentare di una vita fatta di stenti.
Dunque con fredda determinazione, mise in piedi il suo piano di scalata sociale...
Siamo nel 1514 quando Bianca riuscì a farsi portare all'altare da Ermes Visconti, il quale da lì a poco morirà  perchè anziano lasciandole, tra l'altro, in eredità il titolo nobiliare.
In seguito si sposò con il conte Renato Challant, presto abbandonato dalla neo-contessa che decise di trasferirsi a Pavia con il lucido intento di conquistare uomini più potenti...
Ma trovò la persona sbagliata sul suo cammino: Ardizzino Valperga, conte di Masino, desideroso di vendetta poiché si era sentito usato.
Così, una volta che la contessa di Challant gli girò le spalle, il Valperga iniziò a spargere in giro maldicenze nei confronti della donna, tanto che Bianca Maria non potè più accedere ai salotti buoni della città.
La Scapardone andò su tutte le furie: era questa un'onta che andava lavata con il sangue!
Fu l'ennesima "vittima" della donna l'esecutore dell'omicidio: don Pietro di Cardona...
Eppure quest'ultimo, una volta scoperto e catturato, non tardò a confessare chi era stato il mandante e così, nel 1526, la contessa, ribattezzata la "mantide di Challant", venne decapitata presso una delle porte laterali del Castello Sforzesco.
Qualcuno sostiene che il suo fantasma si aggiri ancora nei pressi del maniero...


Tra gli astanti della decapitazione ci fu anche Bernardino Luini il quale rimase affascinato dalla bellezza della donna, non compromessa neanche dalla morte violenta. Il pittore la volle così immortalare nei panni di santa Caterina inginocchiata per subire la decapitazione.


Cappella di santa Caterina, chiesa di san Maurizio al monastero maggiore
Foto di Francesco Mezzotera