mercoledì 23 giugno 2021

STORIA DEI BAMBINI TROVATELLI MILANESI





Io racomando questo mio figlio fu batezato in nome Martino è nasuto il giurno di santo Martino...nato da legittimo matrimonio, che non ha mai avuto mal cattivo e faco questo per essere in gran bisogno...o 8 figli viventi...raccomando di fare l'impossibile e di dare subito una balia...che prometto di venire a prendere...io sono abitante in Milano.


Con queste parole amorevolmente scritte su un biglietto, si presentava un neonato nel 1839 presso la Pia Casa degli Esposti e delle Partorienti in santa Caterina alla ruota a Milano.

Bambino decisamente "in buona compagnia": si calcola infatti che nella prima metà del XIX sec. si arrivò a una media di 2500 minori abbandonati all'anno presso questa istituzione.

Fu l'Ottocento decisamente il secolo dei trovatelli. La situazione economica lombarda infatti non permetteva alle donne, in assenza di servizi territoriali per l'infanzia, di assentarsi dal lavoro anche solo per il periodo dello svezzamento. Prese dunque piede l'abitudine di affidare, almeno nelle intenzioni dei genitori, il neonato al monastero di santa Caterina, per poi andarlo a riprendere una volta cresciuto. Il rientro nel nucleo famigliare naturale poteva dunque avvenire mediamente dopo due o sette anni, oppure non realizzarsi mai. Una volta cresciuto il bambino non veniva più considerato un costo insostenibile per la famiglia, ma forza lavoro per quella classe sociale che storicamente viene definita proletariato.

Eppure l'allontanamento era un fenomeno diffuso anche nelle famiglie più agiate: in età Moderna i figli maschi non primogeniti trovavano spesso ospitalità presso famiglie maggiormente altolocate, in qualità di paggi.

Ottorino Davoli "Il paggio". Foto di Ropaolo
Ottorino Davoli "Il paggio". 
Foto di Ropaolo


L'affido al monastero di santa Caterina avveniva il più delle volte tramite l'abbandono nella ruota degli esposti, la quale si trovava in un luogo discreto e facilmente raggiungibile nella struttura religiosa. Per avvisare i religiosi della presenza del neonato, c'era l'abitudine di attaccare un campanellino al piede, in grado di suonare con il movimento del piccolo. 

Insieme al campanellino in genere i genitori avevano l'abitudine di lasciare un biglietto giustificativo, nonché un piccolo oggetto in grado di agevolare il riconoscimento in caso di richiesta di ricongiungimento. Fanno molta tenerezza questi piccoli monili, ma decisamente più geniali erano le immagini strappate in due parti uguali: una parte conservata dai genitori e l'altra invece dal brefotrofio.

Foto (compresa quella iniziale) tratte da
www.cittametropolitana.mi.it


Tuttavia, se l'Ottocento è stato il "secolo dei trovatelli", non bisogna immaginare che i periodi precedenti siano stati esenti da questo triste fenomeno. Si hanno notizie di bambini abbandonati sin dall'Impero Romano. Con l'avvento del cristianesimo i bambini esposti possono decisamente considerarsi più fortunati di quelli romani o greci. Nell'antica Roma infatti i trovatelli venivano cresciuti con un solo scopo: venderli ad un mercante di schiavi appena risultavano essere in forza per poter lavorare.

La pietà cristiana invece ha spinto la società ad occuparsi dei trovatelli sin dai tempi più antichi… e Milano anche in questo è risultata essere all'avanguardia. Pare infatti che il primo brefotrofio in Europa sia stato creato proprio della città di sant'Ambrogio. Il presbitero Dateo infatti istituì un orfanotrofio addirittura nel 787 nell'attuale via Silvio Pellico, a pochi passi dal Duomo. Venne chiamato Xenodochio e accanto ad esso fu edificata la chiesa di san Salvatore in Xenodochio. L'ondata demolitrice del Settecento si abbatté anche su queste due strutture…

Eppure la città non aveva accantonato la sua vocazione alla cura dei bambini abbandonati. Con l'istituzione della Ca' Granda nel 1456, Milano continuò ad occuparsi dei trovatelli. Tuttavia le condizioni igienico sanitarie in cui vivevano i bambini, costretti ad esempio a dormire a volte anche quattro per letto, spinsero gli illuminati Asburgo a trovare una soluzione più funzionale. Fu così che le monache del vicino monastero di santa Caterina alla ruota furono trasferite e lo spazio del loro edificio utilizzato appositamente per le partorienti e i trovatelli. Il nome "ruota" tuttavia potrebbe trarre in inganno: non fa infatti riferimento alla bussola degli esposti, ma al simbolo di santa Caterina stessa.

Chiostro interno del monastero.
Fonte: www.ioprimadite.com


Il monastero si trovava esattamente in via Francesco Sforza dove oggi si trova il Pronto Soccorso del Policlinico. Rimase operativo finché la competenza di questo brefotrofio, con l'Unità d'Italia, non passò alla Provincia di Milano, la quale decise di aprire un istituto decisamente più ampio in periferia. La piazza ad esso prospicente venne giustamente intitolata a Dateo e oggi non è altro che la sede della Città Metropolitana di Milano.

Fonte: Wikipedia


Eppure la Pia Casa degli Esposti e delle Partorienti in santa Caterina alla ruota non era l'unica istituzione a occuparsi di bambini disagiati. Sul territorio milanese infatti sin dal XVI sec. molto fecero i Martinitt e le Stelline, i primi per gli ospiti maschili, mentre le seconde per quelle femminili. Ancora oggi esiste l'Azienda per i servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline con valide offerte educative, in primis comunità per i minori (e qualche maggiorenne).

…Ma i bambini del monastero di santa Caterina alla Ruota, nonché quelli del brefotrofio di piazzale Dateo che in passato non tornavano più a casa che fine facevano?

Anche in questo caso erano comunque considerati una risorsa, tanto che venivano affidati a delle famiglie del contado lombardo, con il compito di crescerli, educarli e in tempi più recenti mandarli a scuola. In cambio, queste famiglie potevano contare su una mano in più per la propria economia domestica (molti erano i minori che venivano impiegati nei campi o nelle fabbriche). Inoltre l'Ospizio elargiva dei compensi economici sia ordinari che straordinari come quando il minore affidato risultava essere diligente a scuola. Infine negli ultimi due secoli, la ragazza che si accasava riceveva in regalo 100 Lire e una coperta di lana.

Dunque spesso i minori venivano considerati abbandonati in maniera definitiva, visto che nessuno li reclamava, e quindi anche il loro cognome non poteva essere quello dei suoi sconosciuti genitori naturali. In questo caso il trovatello avrebbe vissuto tutta la propria esistenza con uno dei cognomi più diffusi in Lombardia: Colombo, il quale proviene dall'insegna della Ca' Granda, ossia una colomba bianca quale simbolo dello Spirito Santo.

Fonte: www.fondazionesviluppocagranda.it


Oltre a Colombo però i bambini potevano ricevere altri cognomi più beneauguranti quali Di Dio, Diotisalvi, Diotiallevi …

In altre città italiane i cognomi più diffusi hanno anch'essi la stessa origine: è così che a Napoli ad esempio possiamo trovare molti Esposito, a Roma molti Proietti, mentre a Firenze molti Innocenti e così via.

Ruota degli esposti a Napoli
Fonte: www.napolimilionaria.it

Per fortuna ad oggi il fenomeno dell'abbandono è decisamente cambiato: si è passati da una media nazionale di 5000 bambini esposti all'anno degli anni cinquanta del Novecento a quella di 400 di questi ultimi tempi.

Ad oggi non esistono più le ruote degli esposti, ma moderne culle della vita perfettamente attrezzate di tutto il necessario per permettere al neonato di essere immediatamente accudito dal personale sanitario. Son collocate nei pressi degli ospedali e a Milano è possibile trovarla vicino all'ingresso della clinica Mangiagalli (https://www.mangiagalli.it/index.php/unita-operativa-tin/struttura-organizzativa/culla-per-la-vita). Finora ha ospitato due bebè temporaneamente chiamati Mario e Giovanni che, ne sono certo,  saranno stati adottati da altrettante famiglie accoglienti e amorevoli.


Infine pregevole è l'iniziativa dell'ospedale Niguarda denominata "Maternità fragili" (https://www.ospedaleniguarda.it/news/leggi/maternita-fragili-un-disagio-nascosto-per-il-quale-e-difficile-chiedere-aiuto) che si pone come obiettivo quello di accompagnare la coppia o la sola mamma durante la gestazione, nella delicata situazione di una gravidanza non desiderata. In questo caso, grazie ad un percorso psicologico e terapeutico, il/i genitore/i prenderà consapevolezza della soluzione che ritiene più idonea per sé e per il proprio bambino: interruzione, non riconoscimento o accettazione del nascituro…Il tutto nell'ottica di garantire serenità ai futuri cittadini di questa "Milano con il cuore in mano".

Fonte: www.donnad.it

SOS VITA 800.813.000