venerdì 24 marzo 2023

CASCINE LOMBARDE, CASCINE IN BARONA


Cascina Maggiore


Sono nato e cresciuto nella zona nord di Milano. Quando 20 anni fa mi trasferì nella zona sud-ovest, quello che mi colpì di più furono le numerose cascine presenti su questo territorio.

Già dalla tangenziale è possibile ammirarne di grandi, piccole, ristrutturate o abbandonate (talvolta solo in parte).

Passeggiare per la Barona alla scoperta della sua storia, ti permette di rimanere stupito per la fitta presenza di cascine perché si è convinti (o almeno parlo per me) che queste strutture agricole siano distanziate, al fine di coltivare i terreni circostanti. Questo quartiere è invece caratterizzato da numerose cascine talvolta contigue. 

Eppure c'è poco da stupirsi: la Lombardia, o meglio la bassa pianura, è una esplosione di questi edifici splendidi per loro semplicità, eleganza ed efficienza.

Cascina Gabrina a Vanzago (MI)
 
Il nostro paese fino a settanta anni fa circa basava la sua economia prevalentemente sull'agricoltura e la cascina era la risposta più intelligente in tutta Italia alle necessità degli agricoltori.

Si è visto infatti che il tipo di organizzazione della cascina lombarda permetteva agli "addetti ai lavori" di ottimizzare al meglio gli sforzi, rispetto ad altre realtà rurali italiane.

Era questa una vera e propria "azienda agricola". Vi lavoravano talvolta fino a 25 famiglie le quali risiedevano in loco (anche se a volte per periodi limitati) e qui si svolgeva la loro vita relazionale e sociale. 

Colpisce l'organizzazione piramidale della cascina. 

In primis c'era il proprietario che spesso era il componente di una nobile famiglia lombarda, oppure un ordine religioso. Questi non si degnavano di vivere in campagna, ma in nobili case in città o in potenti strutture religiose.

La proprietà dava in affitto "l'azienda agricola cascina" ad un fittavolo, il quale amministrava le attività economiche, mentre i lavori agricoli erano diretti da un capo chiamato fattore. Quest'ultimo in genere abitava in cascina e a lui era destinata la zona più "nobile della struttura".

Il fattore aveva dunque il compito di organizzare il lavoro di svariate figure professionali: campari (dediti alla cura dei corsi d'acqua), bergamini (dediti alla mungitura del bestiame), casari (dediti alla produzione del formaggio), contadini (che si occupavano prevalentemente della cura del foraggio del bestiame, compreso il taglio del fieno), bifolchi (che avevano il compito di arare il terreno con i buoi), cavallanti (aravano con i cavalli), contadini vari come mondine, mietitori o fattori, nonché artigiani come maniscalchi, fabbri, falegnami…

Insomma un mondo intero racchiuso intorno ad una o due corti! Era così che spesso la chiesa più vicina si trovava in paese o in città e percorrere tutta quella strada a piedi non era fattibile; ecco dunque che in molte cascine lombarde ancora oggi possiamo trovare cappelle che venivano utilizzate dal religioso itinerante di turno per officiare. Non dobbiamo stupirci inoltre se in alcune di esse potevamo trovare un'osteria, un campo da bocce, uno spaccio di prodotti alimentari, un mulino o una piccola scuola per i bambini.

Ex Mulino di Cascina Moncucco (oggi condominio)

Fa tristezza vedere come molte di esse siano state abbandonate con l'avvento del benessere del secondo dopoguerra. Certo non si possono biasimare le scelte di vita dei loro abitanti…D'altronde le macchine agricole avevano sottratto valore alla manovalanza agricola, mentre le industrie prima e gli uffici successivamente necessitavano di lavoratori.

Cascina Assiano (Milano-Muggiano)

Eppure, con il senno di poi, perché non si è pensato a mantenere vive queste preziose testimonianza storiche lombarde? La regione o il comune poteva magari adibire questi immobili a residenze popolari. Si sarebbe riusciti così a offrire case dignitose (perché le cascine ristrutturate sono indubbiamente belle, prova ne sono i tanti agriturismi nati sulle loro spoglie) a chi oggi è costretto ad abitare in alveari anonimi e grigi in periferie che invitano a deviare.

La Barona ben rappresenta i mutamenti di questa città a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Con il boom economico e la immigrazione di massa dal Mezzogiorno infatti la municipalità aveva urgente necessità di offrire un tetto alle tante persone che ne erano sprovviste (magari anche in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale). Sono stati dunque utilizzati i terreni delle cascine per edificare e, nel fare questo, le fattorie preesistenti sono state soffocate in mezzo al cemento, oppure abbattute. 

Cascina Colomberotto

Una passeggiata in Barona è dunque un continuo rimpianto di ciò che non c'è più, eppure...basta attraversare la via Mazzolari e proseguire per via Barona per ritrovarsi proiettati indietro nel tempo, immersi in un contesto che poco ha a che fare con la metropoli (la quale si palesa solo nei grattacieli all'orizzonte).



Consiglio a tutti di fare una rilassante camminata tra le strade di campagna ancora presenti in questo quartiere per godere di cascine, mulini, fornaci, case di ringhiera, osterie e chiesette (gli abitanti della Barona già lo sanno e spesso nelle domeniche di sole si ritrovano qui a trascorrere il proprio tempo libero).

Superate le tristi case popolari che si trovano in via Barona-angolo via Mazzolari, fa bella mostra di sé la Cascina Battivacco

Cascina Battivacco

E' questa una grande fattoria, ex monastero del XII sec.,  che ha sì mantenuto la propria vocazione agricola, ma che ha anche sposato logiche di mercato più moderne. La Battivacco infatti offre anche alloggio, uno spaccio di loro prodotti e attività ludico educative per i ragazzi delle scuole.


Fa specie notare che esattamente di fronte a questa cascina se ne apre un'altra dal nome un po' insolito: Colomberotto. Il suo appellativo infatti pare derivi dalla badessa (Colomba) che viveva alla Battivacco. Questo edificio è stato egregiamente ristrutturato ed oggi è un elegante condominio campestre.

Cascina Colomberotto


La strada a questo punto compie una curva a gomito, superata la quale non si può non notare un edificio grigio che quasi ci riporta alle atmosfere del film "L'albero degli zoccoli". E' questo ad oggi un condominio, casa di ringhiera dal gusto popolare e un po' bohemien.

Eppure prima di assumere l'attuale sembianza così diffusa a Milano (la casa di ringhiera, appunto) era una fattoria dal nome decisamente eloquente: Cascina Molino Doppio (via Bardolino 30).  

Cascina Molino Doppio

La Cascina si chiamava così probabilmente per la presenza di due ruote utili allo svolgimento dei lavori del mulino.

Nel XIX sec. viene trasformato in una filanda, con 125 persone impiegate, la quale sfruttava il movimento delle ruote dell'ex mulino per far funzionare i macchinari dell'opificio. Qualche tempo dopo, gli stessi edifici che ospitavano la filanda vengono trasformati in casa di ringhiera, mentre l'attività viene chiusa. Casa di ringhiera che poteva vantare il lusso, ai primi del Novecento, di avere un telefono a disposizione dei suoi abitanti (si trovava in cortile)!

Durante la Prima Guerra Mondiale una parte della Cascina Molino Doppio viene adibita ad ospedale militare. Tuttavia recenti studi ipotizzano che già nel 1859 le truppe francesi vincitrici nella battaglia di Magenta abbiano utilizzato questa cascina come nosocomio militare per curare i loro numerosi feriti, durante la marcia trionfale verso Milano ormai liberata dal nemico austriaco.

Fino agli anni Settanta avremmo potuto trovare una delle due grandi ruote del mulino nel cortile interno. Questa veniva mossa dalla roggia Paimero la quale, in fondo all'attuale parcheggio per le auto, veniva interrata. Il canale d'acqua rimaneva in secca da marzo a settembre e durante questo periodo raccoglieva montagne di rifiuti, nonché diventava pericoloso per i bambini che giocavano nel cortile. Cinquant'anni fa circa è stata dunque asportata e portata via dal proprietario, mentre al suo posto piantato un pino (poi però abbattuto).  

Cascina Molino Doppio


Di fronte alla Cascina Molino Doppio si apre una strada poco curata che conduce ad una azienda operante nel campo dell'edilizia. Fino al 1960 qui avremmo trovato la Fornace san Marcaccio (via Bardolino 31) produttrice di gran parte dei mattoni, poi utilizzati per edificare questa parte di città. Esattamente dove ci troviamo infatti i terreni erano ricchi di argilla la quale veniva utilizzata per scopi edilizi ed artistici. La vecchia fornace aveva un forno ad oggi demolito. In compenso rimangono ancora gli edifici in origine utilizzati per l'essicazione dei mattoni, per ospitare gli operai nonché la casa padronale e la mensa per i lavoratori.

Fornace san Marcaccio (ex mensa dipendenti)

Alle spalle della fornace si apre l'edificio che maggiormente mi ha colpito: il Mulino della Pace (via Bardolino 33. Struttura inaccessibile). E' questo un mulino pare cinquecentesco, ma ormai in rovina. Il suo attuale proprietario, che ha dell'eroe moderno, sta lottando con tutte le sue forze per non farla crollare definitivamente. Questo edificio era situato in un contesto bucolico degno di una pubblicità: rogge gonfie di acqua cristallina in grado di muovere una ruota dal diametro di 8 metri collocata su una facciata di un bianco intonso… Da lontano sembra quasi che il Mulino Montalbano (identico in forme e metrature, ma nel comune di Buccinasco) voglia urlargli: "guarda come potevi essere bello ad oggi se solo non ti avessero completamente abbandonato!". Quest'ultimo infatti non presenta più la tipica ruota mossa ad acqua, ma i suoi ambienti sono un moderno condominio che ha mantenuto il sapore di una volta e preservato l'ambiente alla luce dei nuovi dettami ecologisti.

Mulino della Pace

Non lontano dal Mulino della Pace si erge su un terrapieno il vero gioiello della Barona: la chiesetta di san Marchetto (via san Marchetto, 7). E' questa una struttura religiosa molto antica, probabilmente del XIII sec. La leggenda narra che in un passato non ben specificato dei contadini stessero arando il terreno dove sorge la chiesa. A un certo punto l'asinello che trainava l'aratro si fermò e non ci fu verso di farlo proseguire. I contadini quindi intuirono che in quel punto doveva esserci qualcosa di particolare sotto le zolle di terra. Dopo aver scavato trovarono un Crocefisso ligneo e, per poterlo costudire, fu edificata la chiesetta che ancora oggi vediamo. Il Crocefisso si trova tutt'ora all'interno della piccola struttura e, stando ad una Bolla Pontificia del XVIII sec., dal momento in cui lo si venera in occasione del giorno dell'esaltazione della santa Croce (in genere la chiesetta viene aperta la domenica successiva al 14 settembre), si ottiene l'indulgenza plenaria. 

Chiesa san Marchetto, interno.
Foto tratta da www.milanocittastato.it

Il suolo rialzato su cui è stata eretta, al contrario di quello che si può pensare, non è affatto un terrapieno artificiale, ma il piano di campagna presente all'origine. Questo perché, a causa dell'asportazione dello strato argilloso destinato alla costruzione dei laterizi, ci fu un abbassamento dei terreni limitrofi.

Chiesa san Marchetto


Data la presenza di questo gioiello religioso, le tre vicine cascine si chiamano san Marco, san Marchetto e san Marcaccio. 

Quest'ultima si erge esattamente alle spalle della chiesetta ed è in uno stato di completo abbandono, ormai divorata dalla natura rampicante (vien quasi da pensare in maniera ironica che sia dovuto alla alterazione peggiorativa del suo nome).

Cascina san Marcaccio

La contigua cascina san Marchetto (via san Marchetto 3) invece è una florida azienda agricola, mentre la Cascina san Marco (via Bardolino 90) ospita una comunità per soggetti con problemi da dipendenze da sostanze.

Affresco presente sulla parete della Cascina san Marchetto
(Madonna delle Risaie, 2016)

Cascina san Marco

Ora purtroppo abbandoniamo virtualmente questo ambiente così idilliaco per tornare in mezzo ai palazzoni della Barona che talvolta, a torto, incutono paura.

Non è comunque il caso dell'ex cascina Cantalupa (via De Finetti) la quale si presenta in forme moderne e aggraziate, in una zona borghese della Barona. Pare che anche questa cascina, con funzione di villa padronale, avesse origini molto antiche ( XVI sec.), ma questo non è bastato a preservarla dalle demolizione: il 5 ottobre 2002 infatti le ruspe hanno raso al suolo la struttura contro il volere degli abitanti del quartiere e, per farlo, "hanno pensato bene" di farlo di notte. La cascina dal nome suggestivo (anticamente la zona era infatti popolata dai lupi) è stata ricostruita e ad oggi ospita una struttura residenziale per persone affette da disturbi mentali, dell'azienda ospedaliera san Paolo.

Palazzo al posto della Cascina Cantalupa

Via De Finetti risulta essere perpendicolare alla via Cascina Bianca, la quale prende il nome della vicina omonima cascina...anch'essa sparita. Tuttavia qualche anima nostalgica ha posizionato sul terreno del parco che si apre in via De Pretis alcune pietre che ricordano il perimetro di questa antica struttura rurale.

Via Depretis


Per visitare la prossima cascina (forse la più affascinante del quartiere) dobbiamo recarci a pochi passi dalla fermata Famagosta della metropolitana. Qui infatti è possibile ammirare la Cascina Monterobbio la quale prende il suo nome da Mons Rubur (monte quercia): un piccolo dosso coperto da un bosco di querce sacro agli dei Venere e Mercurio sin dai tempi dei Celti e teatro di sacrifici rituali pagani. Il Comune di Milano, proprietario della struttura e dei suoi immensi terreni, ha provato, seppur in maniera blanda, a salvare la cascina, ma se non cambierà nulla, i puntellamenti non saranno più sufficienti a frenare i crolli. Il fatto che al piano nobile ci siano degli affreschi di Francesco Hayez genera ancora più rabbia. Esiste il comitato salviamo Cascina Monterobbio e all'interno della cascina è possibile trovare il circolo culturale Virgilio Ferrari.

Cascina Monterobbio
la quale ospitò le funzioni religiose per gli abitanti del quartiere
fino alla costruzione della vicina chiesa di san Giovanni Bono (1968).

Curiosa è la storia degli affreschi: il proprietario dell'epoca infatti si rifiutò di pagare il pittore poiché insoddisfatto dell'opera stessa. Per tale ragione vennero subito coperti con della calce e ad oggi solo una piccola parte di essi sono visibili.

Ingresso del circolo culturale nell'ex giardino padronale


A questo punto è sufficiente attraversare il vicino viale Famagosta per godere di un'altra complessa e affascinante fattoria: Cascina Moncucco (via Moncucco 20 e 29). Anch'essa sorgeva su un piccolo monticello (mons cucus) e ad oggi è stata in gran parte ristrutturata e riconvertita in appartamenti privati (l'ex mulino), nonché abitazioni per gli studenti della vicina università IULM. 

Cascina Moncucco


Non lontano da Cascina Moncucco si trova il nucleo più antico della Barona che racchiude in sé, non solo la cascina che ha poi dato il nome al quartiere (o viceversa), ma anche un notevole numero di fattorie poco distanti l'una dall'altra in gran parte (ma ormai non c'è più da stupirsi) abbattute.

Cascina Barona (via Biella) ad oggi è in corso di ristrutturazione e di frazionamento in moderni appartamenti, mentre le vicine Cascina Bordina (via Binda 48) e Cascina san Bernardo (via Binda angolo via Portaluppi) invece già mostrano una bella veste

Cascina Barona

Cascina Bordina


La vicina Cascina Maggiore (via Schievano, 12) deve il suo nome al Monastero Maggiore (in corso Magenta fino al 1798, anno della sua soppressione), proprietaria dell'edificio e dei terreni di pertinenza. Questa struttura si è sempre distinta per le sue attività di conceria sia in cascina che nelle strutture di via Malaga, le quali sfruttavano le acque del vicino fiume Olona. La cascina fortunatamente mantiene intatto il suo fascino rustico che ha un sapore quasi artistico. Al suo interno infatti molti abitanti sono musicisti, architetti, fotografi e le strutture di via Malaga ad oggi ospitano studi di professionisti decisamente...trendy (nonostante l'odore poco accogliente del corso d'acqua che si dipana davanti agli edifici). 

Cascina Maggiore

Per giungere alla prossima destinazione è meglio muoversi con un mezzo, dato che dobbiamo recarci in via san Giuseppe Cottolengo 40. Qui infatti è possibile trovare ciò che resta dell'antica Cascina Varesina (chiamata così per l'origine del suo vecchio proprietario) e Cascina Varesinetta. Purtroppo di queste cascine è rimasta solo la cappella, sede di atelier della fornacecurti. E' quest'ultima un luogo storico e magico… La famiglia Curti ha al suo attivo creazioni in terra cotta, porcellane e ceramiche da ben 600 anni! La loro sede storica era presso l'attuale via De Amicis e solo nei primi anni del XX sec. si è spostata in Barona, a pochi passi dalla fonte della loro materia prima: l'argilla. Accanto alla vecchia cascina nel tempo sono stati edificati i corpi di fabbrica utilizzati per le attività della fornace e ancora in uso. Ad oggi l'intera struttura ospita ben 20 studi artistici e di fotografi d'arte, visitabili in occasione della loro apertura straordinaria durante il penultimo fine settimana di maggio.

Ingresso Fornace Curti (via Tobagi, 8)

Fornace Curti, interno

Ed è proprio ai primi anni del Novecento (periodo d'approdo dei Curti in Barona) che risale un ritrovamento davvero sorprendente: all'interno della cappella della vecchia Cascina Varesina (l'unica sopravvissuta di tutte le fattorie del quartiere) è stato trovato il sepolcro di un frate. I suoi resti erano tuttavia molto consunti e dunque poche informazioni si hanno oggi su di esso, però ciò che aveva colpito i milanesi dell'epoca era l'enorme dimensione del femore, tanto da far pensare di aver trovato i resti di un frate gigante!

Cappella ex Cascina Varesina,
forse dedicata a santa Agnese

Questo viaggio tra le cascine della Barona mi auguro sia servito a conoscere i mutamenti in bene (???) e in male del quartiere e, a proposito di cambiamenti, è d'obbligo citare la Cascina Beldiletto. Essa si trovava nell'attuale via omonima perpendicolare di viale Famagosta e si chiamava così per il luogo delizioso in cui sorgeva (visto l'ambiente bucolico in cui era stata edificata). 

Ma stai a vedere che il detto "si stava meglio quando si stava peggio" solo in questo caso è particolarmente azzeccato??!

Allora buona scoperta delle cascine del quartiere e arrivederci al prossimo post di Milanocuriosa sulle innumerevoli curiosità della Barona!


Chiesa san Marco al Bosco