domenica 28 settembre 2025

QUARTIERE A SORPRESA

                                                                                    

Longe prospicio: guarda lontano

    
                                                 

Esiste a Milano un quartiere, dal nome esotico, capace di farti sentire a casa e contemporaneamente altrove.

Esiste a Milano un quartiere con le sue vie trasandate capace di farti sentire a Lisbona.

Esiste a Milano un quartiere con le sue fabbriche dismesse capace di farti sentire a Berlino.

Esiste a Milano un quartiere con il suo naviglio capace di farti sentire a Milano.

Esiste a Milano un quartiere inimitabile: benvenuti a GRECO!


In merito a questa zona della città si potrebbe fantasticare sulla misteriosa presenza di colonie di greci che ai tempi di Giulio Cesare avevano colonizzato i dintorni. Invece il suo nome deriva, molto più prosaicamente, dalla famiglia Greco che anticamente dominava l'allora paese. Questo quartiere ha comunque perso i suoi connotati di comune indipendente nel 1923, anno di annessione a Milano, e la via Comune Antico ce lo ricorda. Nella perpendicolare via Bottelli, al posto dell'attuale scuola primaria, avremmo potuto trovare l'allora municipio. Poi le bombe, la speculazione edilizia, la miopia milanese hanno cancellato questa preziosa testimonianza storica.

Eppure parte dell'antico municipio ancora sopravvive nel cortile interno della scuola. Per il suo aspetto molto trascurato i bambini lo hanno soprannominato "il palazzo dei Fantasmi"!

Antico Municipio di Greco


Parte sopravvissuta dell'antico municipio
Foto di Adriana Calabrò


Curioso invece è il muretto che si trova di fronte all'attuale scuola. Bisogna sapere infatti che anticamente Greco era solcata da numerose rogge che veicolavano l'acqua della Martesana nei campi della zona. In via Bottelli avremmo potuto trovare il canale Fornasetta, ormai interrato. Oltre ai corsi d'acqua in questo quartiere avremmo potuto godere di numerose osterie colpevoli di rimandare spesso a casa uomini intrisi d'alcool. Dunque preziosi furono questi muretti, per la loro azione "salva il grechese dal bagno indesiderato".

Foto tratta da www. izi.travel

E' Greco un quartiere molto emblematico per Milano: le tracce storiche vanno cercate con pazienza e le testimonianze si confondono ormai in mezzo all'abitato moderno. 

Simbolo della zona è senz'altro la chiesa parrocchiale di san Martino, la quale ospita al suo interno una statua mariana davvero originale. Nella prima cappella a sinistra la mamma di Maria ha il capo coperto da un semplice foulard, invece del solito velo. Era questa la famosa Madonna dei Lavandai. Nella vicina Segnano operavano infatti molte lavandaie, le quali sfruttavano i numerosi fontanili per svolgere il proprio mestiere. Quelle di Segnano erano riconoscibili poiché indossavano questo grazioso foulard.

Statua mariana nella parrocchia di Greco


A sinistra della chiesa barocca sorge una istituzione per la città di Milano: il Refettorio Ambrosiano.

Questa istituzione nasce nel cinema parrocchiale ormai dismesso da 15 anni. L'idea venne allo chef più titolato d'Italia: Massimo Bottura. Il cuoco modenese, insieme al regista televisivo Davide Rampello, nel 2015 pensarono di riutilizzare questi spazi per aprire una mensa per i poveri. Eppure, a differenza di altri posti deputati alla popolazione fragile, questo doveva essere in grado di unire solidarietà e bellezza. Ecco quindi che a dare dignità a questo luogo caritatevole fu chiamato l'artista Michelangelo Pistoletto, nonché famosi designer e la facoltà del Politecnico. Risultato? Un refettorio decisamente originale ed efficiente. Qui si unisce l'opera caritatevole dei volontari, con l'arte culinaria, con il design e con la cultura (i suoi spazi sono spesso utilizzati per tenere incontri culturali).

Mimmo Paladino "Porta dell'accoglienza"
Foto di Wilma Viganò


Interno
Foto tratta dal sito www.farsiprossimo.it

Dettagli
Foto di Wilma Viganò


Dove oggi sorge l'oratorio, a sinistra della chiesa, fino al 1977 avremmo potuto trovare la nobile Villa Litta. Questa ricca famiglia aveva qui una residenza che fungeva sia da luogo di vita dei contadini che curavano i possedimenti e sia da luogo di delizie per i nobili componenti della famiglia Litta. All'interno dell'edificio c'era un oratorio interamente affrescato nel XVI sec. da Bernardino Luini. La villa, con la sua piccola struttura religiosa, è stata abbandonata, è caduta in rovina e rasa al suolo, ma gli affreschi per fortuna si sono salvati. Ad oggi però per poterli ammirare dobbiamo recarci...al Louvre di Parigi!


Foto tratte dalla pagina Facebook di Milano Scomparsa


Alle spalle della chiesa esiste una via dedicata a Carlo Conti. Il presentatore toscano starà sicuramente facendo i debiti scongiuri, dal momento in cui le vie vengono intitolate a persone non più esistenti. Eppure il Carlo Conti in questione aveva anche lui a che fare con la musica, ma visse nel XIX sec (l'abbronzato personaggio televisivo può tranquillamente tirare un sospiro di sollievo).



In questa via troviamo ciò che rimane della "Cort Granda de Grec". Gli abitanti di Greco la chiamavano "Corte di Pures" poiché i proprietari erano la famiglia Pulici. Il soprannome aveva comunque un tocco di ironia dal momento in cui "Pures" in milanese significa pulci.

Corte di Pures

Era questa una cascina molto grande e come tutte spesso isolate. Gli abitanti facevano un po' vita a sé, dato che qui c'era la possibilità di essere autosufficienti sotto molti aspetti. La signora Felisa era la "lavandera de culur" (la lavandaia particolarmente abile con i colorati) di Greco e quando doveva recarsi nella vicina Parrocchia di san Martino diceva: "Oggi vado in città".

Questa cascina inoltre è diventata famosa grazie ad Alessandro Manzoni. Ne "I promessi sposi" lo scrittore milanese ci racconta che Renzo, recandosi a Milano, dormì una notte all'interno del cascinotto.

Sul far della sera, (Renzo) giunse a Greco, senza però saperne il nome; ma, tra un po’ di memoria dei luoghi, che gli era rimasta dell’altro viaggio, e il calcolo del cammino fatto da Monza in poi, divisando dovere essere assai presso alla città, uscì della strada maestra, per andar nei campi in cerca di qualche Cascinotto dove passar la notte; chè con osterie non si voleva impacciare. Trovò meglio che non cercava: vide aperta una callaia in una siepe che cingeva il cortile d’una cascina; entrò a buon conto. Nessun v’era: vide da un canto un gran portico con sotto del fieno abbarcato, e a quello appoggiata una scala a piuoli; si guardò un’altra volta tutt’all’intorno, e poi salì alla ventura, si accomodò quivi per passar la notte, e prese tosto sonno, per non destarsi che all’alba. Desto, si condusse carpone verso l’orlo di quel gran letto, mise il capo fuori, e, non vedendo pur nessuno, scese per donde era salito, uscì per donde era entrato, si mise per istraduzze, prendendo per sua stella polare il duomo; e, dopo un brevissimo cammino, venne a sbucar sotto le mura di Milano, tra porta orientale e porta Nuova, e assai presso a questa.

Targa commemorativa con il brano de "I Promessi Sposi"
apposta sulla scuola primaria di Greco


Altra cascina storica e importante per Greco è sicuramente la Cassina de Pomm (via Melchiorre Gioia 194).

Cassina de Pomm,
ad oggi elegante condomino con birreria al pian terreno

Questo bell'edificio, con un meraviglioso glicine sulla sua facciata, risale al XV sec. Qui infatti Ludovico il Moro volle una piantagione di mele (pomm in milanese) con relative abitazioni atte ad ospitare i contadini che se ne prendevano cura.

Nel secolo successivo l'edifico fu modificato per ospitare anche la nobile famiglia possidente, nei loro periodi di riposo. A partire dal XVI secolo i proprietari risultavano essere i De Leyva e questo ci fa giungere alla conclusione che…Marianna, meglio conosciuta come la Monaca di Monza, si recava in vacanza a Greco!



Di fronte alla cascina fa bella mostra di sé un ponte in ferro dei primi anni del Novecento soprannominato Ponte del Pan FissI milanesi, con un po’ di invidia, sostenevano che questo manufatto veniva percorso dai loro concittadini fortunati poiché assunti a tempo indeterminato dalla dirimpettaia fabbrica di candele Bonomi. Fabbrica ad oggi non più esistente poiché abbattuta durante l'ultimo conflitto mondiale. Al suo posto è sorto un parchetto, molto apprezzato dagli abitanti del quartiere, il quale costudisce al proprio interno una garitta che veniva utilizzata da massimo due persone in caso di bombardamento.

Ponte del Pan Fiss

Ex garitta della fabbrica Bonomi


Ora che ci troviamo idealmente sulla Martesana (o sul Martesana, come qualcuno dice), passeggiamo lungo la sua alzaia, trasformata in una moderna pista ciclabile, la quale costeggia tutto il canale fino ad arrivare al fiume Adda. Prossima destinazione: Gorla.

Subito dopo il parchetto - ex fabbrica Bonomi, sorge un locale davvero originale: il Tranvai. Questo moderno bar è caratterizzato da un tram degli anni Venti del Novecento. L'interno è stato trasformato in luogo dove vengono spillate deliziose birre e cucinati piatti semplici e gustosi. All'esterno invece è possibile, non solo essere serviti al tavolo sotto un pergolato, tra sedili ATM e vere obliteratrici, ma anche godere di spettacoli sul piccolo palcoscenico del locale.

Foto tratta dalla pagina Facebook del locale


Passeggiare lungo la pista ciclabile è una esperienza particolare: tra biciclette che sfrecciano a tutte le ore e impiegati che, mentre fanno jogging, parlano apparentemente da soli, si incrociano diverse arcate ferroviarie. Qui la città ha mantenuto il suo sapore di vecchia metropoli industrializzata di inizio Novecento, mentre il suono del treno che entra lentamente in Stazione Centrale è sicuramente la colonna sonora di Greco. Fa impressione notare come alcuni condomini siano proprio a ridosso dei binari, quei binari sorretti da arcate che fungono da abitazione a senza tetto e che spesso sono il contesto di grandi opere d'arte moderne.







Greco è sicuramente un luogo multi etnico, che ha mantenuto il suo aspetto di quartiere industrializzato (qui sorgeva ad esempio la fabbrica delle Patatine san Carlo). Ma è proprio in realtà come queste che si ha modo di scoprire la Milano con il cuore in mano. A due passi dalla Stazione Centrale ad esempio sorgeva (e ancora adesso è operativa, anche se con una gestione diversa) il centro di accoglienza voluto dal carismatico fratel Ettore. Innumerevoli sono le iniziative operanti nel sociale (il già citato Refettorio Ambrosiano, servizi della coop. soc. Spazio Aperto Servizi, iniziative delle parrocchie…) che spingono il quartiere ad essere vissuto anche da senza tetto o in generale persone in stato di fragilità. Tuttavia questa situazione sembrerebbe non presentare particolari aspetti di criticità per Greco.

Dormitorio pubblico di via Sammartini


Diversa invece è la situazione del divisivo Leoncavallo (via Watteau 7). Questo centro sociale è stato chiuso definitivamente il 21 agosto di quest'anno, generando polemiche e giubilo nell'opinione pubblica. Il centro era all'interno di una ex cartiera e i numerosi graffiti in essa ospitati hanno spinto il critico d'arte Vittorio Sgarbi a definirla "la Cappella Sistina della contemporaneità". Si rimane in attesa di sapere quale sarà il destino del centro sociale e dello stabile che lo ospitava, nella viva speranza che l'arte qui creata non venga distrutta.

Graffito esterno al Leoncavallo


Ma Greco è soprattutto Martesana ed è esattamente qui che torniamo idealmente. Poco più indietro del Ponte del Pan Fiss avremmo potuto trovare in passato il porto che ospitava i tanti barconi atti a scaricare, tra l'altro, la sabbia per costruire la Milano post bellica.


Ex porto di Greco


Luogo che ospitava il porto di Greco



Invece poco più avanti (direzione via Melchiorre Gioia) c'era la spiaggia di Greco. Erano tempi in cui non andava ancora di moda abbandonare la città nei mesi più caldi, così i ragazzi, a poca distanza dai barconi, si tuffavano nelle acqua fresche del canale, talvolta sfruttando anche il ponte di ferro.

Qui, a due passi da quello che era "un luogo di villeggiatura" per i figli degli operai e contadini del quartiere, la Martesana saluta tutti i presenti con un bel balzo per poi sparire sotto l'asfalto del vialone di Melchiorre Gioia. Era il 1962 e Milano stava vivendo un periodo di grande ripresa economica. I trasporti ormai avvenivano su gomma e non più sugli elefantiaci barconi. I ragazzi andavano al mare e non si tuffavano più nella Martesana. Le macchine imprecavano, incolonnate com'erano ai lati del canale, non comprendendo l'utilità e la portata storica di quell'opera idraulica. Si andava di fretta e dunque la via Melchiorre Gioia, così come la vediamo oggi, portò veramente GIOIA nei cuori dei sempre affaccendati milanesi.

Oggi fa un po' tenerezza pensare che sotto ai nostri piedi scorre l'acqua dell'Adda che anticamente andava a mischiarsi con quella del Ticino, nel momento in cui raggiungeva la cerchia dei Navigli… Ma forse va bene così: non sarebbe stato poi così bello vedere i moderni palazzoni della via Gioia specchiarsi nell'acqua. Non sarebbe servita a nessuno quel tratto di Martesana: né ai milanesi che vogliono passeggiare gustandosi un gelato sulle sponde del canale e né ai comballi che oggi non timonano più un barcone in balia delle correnti dell'Adda, ma camion che a volte sembrano così fuori luogo in questa piccola città. 

Cara mia piccola e grande Milano.


                                                            CARTOLINE DA GRECO

La leggenda narra che una volta una coppia da Milano giunse in una trattoria di Greco. Qui la coppia chiesa la specialità della casa, ossia un bel bicchiere di limonata fresca. L'oste prese un bicchiere d'acqua, ci aggiunse del limone spremuto, quindi dello zucchero e infine prese una lima sporca da falegname per mischiare la bevanda. Quando la coppia si lamentò, il titolare, con la massima professionalità, rispose: " Ma cosa pretende dalla Trattoria ai Matti? Non ha letto l'insegna??". Ad oggi la trattoria non esiste più e forse non è mai esistita.


Greco è da sempre stato un quartiere con una forte componente agricola e industriale. 

I suoi abitanti, in prevalenza contadini e operai, erano di sicuro orientati verso ideali socialisti. Per tale ragione dunque, prima dell'avvento del Fascismo, alcune vie vennero intitolate a ideali molto sentiti da chi ci viveva. Ecco spiegata l'esistenza di via Progresso, via della Giustizia e via Popoli Uniti.



Ex cinema Abanella
che dal 1985 ospita le prove dei musicisti del Teatro alla Scala












Chiesa santa Maria Goretti



"Non di solo pane".
Scritta in greco antico
proveniente dal padiglione Expo del Vaticano
e posizionata su una parete esterna del Refettorio Ambrosiano



Saluti da Greco

mercoledì 20 agosto 2025

GIULIETTA E ROMEO MILANESI

 



Quante volte saremo passati dall’elegante piazza Conciliazione presi dai nostri pensieri non facendo caso a una delle zone più belle di Milano?

È questo un quartiere recente, elegante e che meriterebbe stuoli di turisti giapponesi impegnati a fotografarlo.

Dietro uno di questi palazzi eleganti si nasconde un altro edificio di tutt’altro gusto. In via Enrico Toti, 2 infatti, all’interno di un cortile, sorge timidamente un palazzo dal sapore austriaco.

Venne fatto edificare da un principe austriaco parente degli Asburgo, di passaggio da Milano nel 1902. Qui, complice il bel sole di giugno meneghino, il nobil uomo…anzi, nobile ragazzo si innamorò. Non sappiamo però chi fosse questa graziosa ragazza milanese che fu in grado di rapirgli il cuore.

All’inizio il corteggiamento fu duro. Lei (che per comodità chiameremo Lidia) non ne voleva sapere delle attenzioni di uno straniero. Eppure lui (che per comodità chiameremo Johan), nonostante la sua proverbiale serietà, la conquistò a furia di risate. Ogni suo approccio prevedeva uno stravolgimento sistematico della lingua italica.

“Mio cognome è Johan, mio nome Bauer, principessa Bauer. Scontento di conoscerci” fu il suo bigliettino da visita quella sera alla festa del conte Litta.

Più Lidia tentava di correggere l’italiano buffo e contorto di Johan, più quest’ultimo andava in confusione.

Fu così che tra una risata e una lezione di grammatica i due giovani convolarono a giuste nozze.

Passarono tre anni e arrivò nella coppia una bimba rosea e paffutella. Passarono altri quattro anni e i due piccioncini rinunciarono ad accrescere la famiglia, dato che il secondo figlio proprio non arrivava. Passarono altri cinque anni e il bel clima che regnava in Europa d’un tratto sparì per colpa di un nazionalista serbo che commise un omicidio eccellente.

Scoppiò la Prima Guerra Mondiale e d’improvviso Johan e Lidia si trovarono nemici, quali novelli Romeo e Giulietta. Johan fu richiamato al fronte per combattere quegli stessi italiani che parlavano una lingua tanto difficile, ma tanto amabile quanto la loro accoglienza.

Johan non tornò più. Lidia rimase sola in quella casa che ricordava le buffe origini di quel marito che aveva amato tanto, nonostante non avesse mai imparato a recitare per intero un Padre Nostro in italiano.

Amen.

domenica 6 luglio 2025

CATERINA MEDICI: QUANDO A FAR LA DIFFERENZA E' UNA PARTICELLA DEL COGNOME

Santa Maria delle Grazie


Nel giorno del mio compleanno ho voluto regalare ai lettori del blog la storia di Caterina Medici.

È un racconto nel quale convivono elementi realistici con altri di fantasia.

Quello che sappiamo è che Caterina era una delle tante persone condannate per stregoneria, in quel secolo buio che fu il Seicento. 

Il tribunale ecclesiastico era collocato presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie e qui avremmo potuto trovare il suo ricco archivio che custodiva i documenti dei tanti processi celebrati.

Alla vigilia della discesa dell’illuminato Napoleone in Italia, i domenicani, presi dal timore e dalla vergogna, provvidero a bruciare tutto l’archivio. 

Solo il verbale del processo a Caterina si salvò.

Da questo risulta che la donna provò a far innamorare di sé il senatore Melzi tramite un sortilegio. 

Non ci è dato sapere se questo fosse vero o pretestuoso, sta di fatto che Caterina venne condannata a morte e, come lei, tanti altri milanesi finirono al rogo per i motivi più assurdi. 

Con questo mio breve scritto ho voluto raccontare una storia, non così insolita, che ha caratterizzato l’esistenza della chiesa (quella con la c minuscola…).



Caterina de' Medici

Caterina Medici nacque in una povera famiglia a Broni (PV) nel 1573.

Caterina DE' Medici nacque in una ricca famiglia a Firenze nel 1519.

La prima era ferma nella sua convinzione che l'unico scopo della sua vita era sopravvivere.

La seconda era determinata nell'imporre la sua volontà e di, nonostante la sfortuna di essere nata femmina, passare alla storia.

Entrambe in giovane età emigrarono.

La pavesa accolse senza sorpresa la decisione del padre di farla trasferire a Milano al servizio di una nobile famiglia.

La fiorentina accolse con sorpresa la decisione del sovrano francese di farla diventare moglie del suo secondogenito.

A Milano Caterina Medici trascorreva le giornate a correre per casa per non far mancare niente ai suoi padroni. Principale ostacolo: le mani del capo famiglia che si allungavano ogni giorno verso i suoi connotati femminili.

A Parigi Caterina DE' Medici trascorreva la sua esistenza a intessere trame e a esportare dolci (suoi i deliziosi macaron).

Quest'ultima si considerava profondamente infelice e si sarebbe stesa volentieri sul lettino di uno psicanalista (se solo si fosse saputo cos'era la psicanalisi).

La prima invece si sarebbe stesa volentieri su un comodo pagliericcio a riposare qualche ora (se solo il suo padrone non ci avesse provato).

Ma venne un giorno in cui il sessantenne senatore Luigi Melzi iniziò a soffrire mal di stomaco.

All'inizio pensò di aver esagerato con la selvaggina (quanto la adorava…). Ma poi, curata l'alimentazione, si accorse che il dolore non passava.

Si rivolse al medico di famiglia che, con i suoi intrugli, gli fece "vomitare pure l'anima"...ma il dolore non passava.

Si rivolse al parroco che gli procacciò una sacra reliquia di san Pietro Apostolo, la quale reliquia, appoggiata sullo stomaco e recitate 33 Ave Maria, non fu in grado di far cessare il dolore.

Il povero senatore milanese non si era premunito di fare una gastroscopia, per il semplice fatto che ancora non era stata inventata. Eppure, se avesse provveduto, si sarebbe accorto che il suo apparato digerente era interessato da una forma neoplasica in fase terminale.

Il povero conte Melzi dunque era giunto alla conclusione che qualcuno gli voleva del male.

Stette giorni e giorni...no: ci impiegò ben 5 minuti della sua nobile esistenza a giungere alla conclusione che la colpevole era quella servetta giunta da poco a casa sua.

"Maledetta sgualdrina che sfuggi puntualmente alle mie mani affamate di giovani forme!" pensava il nobile solo di sangue. "Pagherai con la vita il tuo vile azzardo".

Tornò a fargli visita don Antonio, questa volta scevro di improbabili reliquie, ma carico di tutta la pazienza del mondo per ascoltare i vaneggiamenti del suo datore.

La denuncia dell'emaciata Caterina al Tribunale dell'Inquisizione fu la naturale conseguenza di questa ordinaria situazione di pura ignoranza.

Caterina fu interrogata, denudata, accusata, rimproverata e alla fine gli inquisitori ne ricavarono una denuncia di stregoneria. A fronte di formule astruse in latino, le venne chiesto:" Ammetti le tue colpe?" e lei svogliatamente disse: "Sì".

Monosillabo che era l'inconsapevole sua sentenza di morte.

L'esecuzione avvenne un pomeriggio di marzo. I milanesi non vedevano l'ora di uscire dalle proprie catapecchie per godersi un po' di sole primaverile...e quale migliore occasione se non quella di un bell'omicidio di Stato?

Solo quando Caterina fu prelevata a forza dalla sua cella realizzò, alla luce della sua media intelligenza, alla luce della sua media esistenza, che per lei i giochi finivano qua.

Fu caricata su un carro appariscente che da santa Maria delle Grazie procedeva con il passo di un corteo funebre fino alla chiesa di san Lorenzo.

Il tutto era preceduto da musici che annunciavano lo spettacolo macabro e vero. 

Che tutta la cittadinanza sapesse la fine che facevano le streghe! Cosa si era messa in testa questa servetta venuta dalla campagna? Si era illusa di diventare signora? Si era illusa che il suo padrone si sarebbe innamorato di lui e, una volta vedovo (perché prima o poi la contessa sarebbe morta di parto, era normale) l'avrebbe sposata?

In cuor suo Caterina non aveva mai pensato nemmeno per un attimo che quel viscido padrone potesse sposarla. Semmai si vedeva accasata con qualche altro servetto come lei. Semmai si vedeva impegnata a spaccarsi la schiena per i suoi bambini (oltre che per quelli degli altri). Sognava cose semplici Caterina: un pagliericcio comodo dove dormire (magari fino a tardi), pasti caldi e variegati (magari un pezzo di carne ogni tanto), un abito per la domenica (che Giovanna, la sua collega, già possedeva).

La mente è fantastica: durante l'umiliante corteo, Caterina, invece di imprecare contro quelle bestie di milanesi che le lanciavano in faccia frutta marcia, si era rifugiata in questo mondo di piccoli e non pretenziosi sogni. Sogni che durarono per tutta la durata del corteo e che si interruppero quando fu trasferita sul palco dell'esecuzione.

Solo lì toccò con mano la morte che le alitava ormai sul collo. Ma furono le mani del boia a stringerle il collo e a farle esalare l'ultimo respiro tra folle di spettatori inferociti che facevano il tifo per l'uomo incappucciato.

Anche Caterina DE' Medici morì, ma alla veneranda età di 69 anni, tra morbide lenzuola e sopra un letto soffice che sarebbe stato il modesto sogno di un'altra sua quasi omonima. 

Alla lombarda mancava quel titolo nobiliare dettato da sole due lettere nel cognome. Solo due lettere misere e comuni, ma comunque capaci di fare la differenza...e che differenza!

domenica 4 maggio 2025

LA CERTOSA DI GAREGNANO: splendore ai bordi di Milano.

Foto di Giovanni Fanelli


L'essere umano, si sa, è un animale sociale.

Esistono in natura patologie che spingono l'individuo ad anelare solitudine, eppure, tolte queste eccezioni, ogni uomo ricerca il proprio simile per soddisfare esigenze primarie e secondarie.

Allora come si giustifica la vita dell'eremita?

Quest'ultimo è in genere un religioso che si rifugia nella più o meno assoluta solitudine per cercare Dio e aiutare i propri simili, attraverso la preghiera e la profonda comunione con l'Eterno.

Questa era la vera esigenza di san Bruno (Colonia 1030, Serra san Bruno 1101), il quale aspirava a una vita da eremita, ma ahimè per lui, era nato con una forte dote di carisma. Dote che gli impedì di potersi isolare come voleva, dal momento in cui veniva costantemente tirato in ballo dai potenti di turno.

Dopo un primo periodo in cui si mise al servizio della società in qualità di direttore di una scuola, il futuro santo tedesco chiese e ottenne un terreno dalle parti di Chartreuse (attualmente in Francia) per poter fondare un monastero di clausura e potersi qui ritirare in preghiera.

Grande Certosa
Foto tratta da www.chartreux.org

Dopo questa prima struttura religiosa, nacquero in Europa altre Certose (chiamate così per il nome della località del primo monastero).

Nel 1349 sorse finalmente anche nella frenetica Milano.

Ad oggi forse fa un po' sorridere pensare che alcuni religiosi potessero cercare e trovare solitudine, raccoglimento...a ridosso del raccordo autostradale!

Eppure qui, come si suol dire, "una volta era tutta campagna" e dunque i certosini potevano tranquillamente condurre la loro vita da eremiti.

Raccordo autostradale.
Foto tratta dalla pag. facebook Milano sparita e da ricordare

Fa impressione conoscere la giornata e settimana tipo dei certosini. Elementi che spingono alcuni "non addetti ai lavori" a giudicare assurdo quanto fanno. Personalmente non posso che esprimere ammirazione per una scelta di vita, a mio avviso, quanto meno coraggiosa.

La giornata del certosino inizia (iniziava nella Certosa di Garegnano finché questo ordine religioso ha abitato questo monastero) alle 6.30 del mattino, per protrarsi poi in un regime di solitudine per circa 10 ore, intervallate da due momenti comunitari (messe in chiesa). Dopo una parca cena in solitudine nella propria cella, il certosino si reca a dormire alle 18.45 per poi svegliarsi dopo circa 5 ore per recarsi in chiesa per una preghiera collettiva. Alle 2.30 può infine tornare a dormire per poi riprendere la preghiera alle prime luci dell'alba.

I pasti vanno consumati in perfetta solitudine, ad eccezione del pranzo della domenica che risulta essere collettivo, ma che deve essere effettuato in silenzio (mentre si ascoltano le letture di brani della Bibbia). Solo la domenica pomeriggio i certosini hanno a disposizione una ricreazione di circa due ore, durante le quali possono parlare tra di loro. Il lunedì pomeriggio hanno la facoltà di fare una passeggiata nei dintorni dell'eremo e, se per forza di cose, devono attraversare luoghi abitati, è vietato loro intrattenersi con i locali.

I pasti sono principalmente a base di verdure da loro coltivate (non è prevista la colazione).

Si narra che durante un pranzo domenicale un certosino di Garegnano chiese di poter parlare. Quando lo fece disse:" ringrazio Dio di avermi concesso un piatto a base di carne oggi". Aveva infatti trovato un topo nella sua zuppa di verdure!

I certosini rimasero a Garegnano fino al 1782, anno in cui fu emanato un decreto di soppressione dell'ordine da parte degli Asburgo che allora regnavano in Lombardia. Per fortuna sin dall'anno successivo la chiesa divenne parrocchia e questo le permise di sopravvivere.

In quel periodo infatti furono tanti gli ordini monastici soppressi e le loro chiese conseguentemente rase al suolo.

Dal momento in cui la parrocchia fu utilizzata anche dagli abitanti del borgo di Garegnano, i milanesi poterono accorgersi della bellezza di questa struttura a due passi da casa, che era stata concepita solo per glorificare il Signore, poiché non aperta al pubblico. 

In quanto chiesa appartenente ad un ordine di eremiti infatti la sua bellezza era godibile solo da parte dei monaci certosini.

La Certosa di Garegnano si contraddistingue, rispetto alle altre chiese meneghine, per i suoi affreschi, tanto che qualcuno ha osato definirla "la Cappella Sistina di Milano" (ma non era la chiesa di san Maurizio al Monastero Maggiore ad essere definita così??).


Certosa di Garegnano, interni


A partire dal 1578 la chiesa si è coperta di pregevoli affreschi.

Lieve e piacevole è la sensazione quando si entra in questa chiesa manierista. Ciò che prevale è il sentore di armonia e di luce. L'occhio è rapito dalle tante rappresentazioni pittoriche. Non vi è un angolo con non sia colorato e che non voglia comunicarci qualcosa.

Mentre gli affreschi del 1629 di Daniele Crespi nella navata ci raccontano la storia di san Bruno e dei più celebri certosini, quelli del presbiterio del 1578 (ad opera di Simone Peterzano, maestro di Caravaggio) sono forse un po' meno originali, dal momento in cui rappresentano scene tratte dalla Bibbia.

Daniele Crespi ha narrato magistralmente la vita del fondatore dell'ordine dei certosini.


                                                FUNERALE DI RAIMOND DUCRES

Bruno da Colonia (il personaggio di spalle, di viola vestito) sin da giovane è stato chiamato a dirigere una scuola francese. Qui conosce il protagonista dell'affresco: un insegnante dell'università parigina, il quale, durante il suo funerale, resuscita temporaneamente per urlare ai presenti la sua condanna all'Inferno. Bruno rimane talmente colpito da questo episodio, da maturare la sua vocazione all'eremitaggio.


                                        FONDAZIONE PRIMA CERTOSA IN FRANCIA

Si narra che Ugo di Chateauneuf, vescovo di Grenoble, abbia avuto una visione durante un viaggio onirico: Gesù in persona stava costruendo un tempio insieme agli angeli. Nello stesso luogo selvaggio del sogno in effetti è stata edificata la prima certosa nel 1084.


                        RICHIESTA DI UN LUOGO PER EDIFICARE UN MONASTERO

Bruno di Colonia, insieme ai suoi compagni, si reca dal vescovo di Grenoble per richiedere un posto dove edificare il loro primo luogo di ritiro. Il prelato, memore del sogno, concede loro un terreno sulle montagne della Chartreuse. 


        BRUNO RINUNCIA ALLA CARICA DI ARCIVESCOVO DI REGGIO CALABRIA

Solo sei anni dopo essere riuscito nel suo intento, ossia quello di fare vita da eremita, Bruno viene reclamato al servizio del Papa a Roma. Il futuro santo, seppur a malincuore, obbedisce alla chiamata e inizia a vivere una vita decisamente più mondana a corte del pontefice. 

Tuttavia a un certo punto il Papa e la chiesa capitolina devono lasciare Roma e rifugiarsi in meridione poiché i territori della chiesa sono stati invasi dall'imperatore tedesco. 

Una volta rifugiatosi in Calabria, Bruno si vede investito, suo malgrado, della carica di arcivescovo di Reggio Calabria. Eppure la sua vocazione era decisamente diversa da quella di ricoprire un ruolo così socialmente importante. Per tale ragione il futuro santo si vede costretto a rinunciare alla lusinghiera carica. Nella parte destra della lunetta che sovrasta l'ingresso lo vediamo in ginocchio implorare il papa di non essere nominato vescovo.


                                    INCONTRO TRA BRUNO E RUGGERO DI CALABRIA

Durante la sua permanenza in Calabria incontra il duca Ruggero, con il quale stringe amicizia. Il Crespi immagina che l'incontro sia avvenuto mentre il futuro santo era impegnato a pregare nei boschi vicino a Squillace (CZ). Il duca in questa scena è impegnato in una battuta di caccia insieme alla sua servitù. Tra questi ultimi compare anche l'autoritratto dell'autore dell'affresco nei panni dell'arciere (in basso a destra).

Qualche anno dopo Ruggero di Calabria regala alcuni brulli terreni al monaco, il quale decide di creare qui la prima certosa di Italia (1090); struttura attualmente amministrata dai certosini a Serra san Bruno (VV) e dove il futuro santo trascorrerà gli ultimi 10 anni della sua vita, finalmente in perfetta solitudine. 

Certosa di Serra san Bruno (VV)
Foto tratta da www.fondoambiente.it


                                            BRUNO APPARE IN SOGNO A RUGGERO

Bruno appare in sogno a Ruggero per avvisarlo che sarebbe stato tradito da un altro nobile, durante una battaglia. Grazie a questa premonizione viene arrestato il potenziale traditore e Ruggero si salva la vita.


Sulla sinistra dell'ingresso è presente un affresco che rappresenta la monaca certosina, beata Beatrice di Ornacieus rappresentata con due simboli della Passione: i chiodi e il martello. Si racconta che ogni venerdì, a ricordo della crocifissione di Gesù, per penitenza, Beatrice si conficcasse anche lei i chiodi nelle mani.

Beata Beatrice di Ornacieus 

Eppure la figura più curiosa, tra tutti certosini celebri rappresentati nella navata, è decisamente il beato Guglielmo da Fenoglio. Guglielmo nacque in un piccolo paesino piemontese nel XI sec. e da adulto scelse di diventare frate converso (laico) nella certosa di Casotto (CN). Qui aveva il compito di procacciare il cibo ai religiosi che vivevano in eremitaggio. Girovagava tra i monti piemontesi con la sua mula con una missione precisa, ma puntualmente veniva derubato dai briganti. I santi e beati posseggono una pazienza proverbiale, ma quelle poche volte che la perdono è meglio non assistere personalmente alle loro azioni. Guglielmo infatti, dopo l'ennesimo furto, decise di reagire e lo fece nella maniera più cruenta possibile: strappò una zampa dell'asina e la usò come clava per allontanare i malintenzionati. Riuscito nel suo intento quindi la riattaccò...al contrario. Quando il priore gli fece notare che la mula zoppicava perché aveva una zampa male montata, il futuro beato la staccò nuovamente per poi riattaccargliela nel verso giusto. E la mula in tutto questo? Non si lamentò nemmeno una volta! 

Beato Guglielmo da Fenoglio


La zona presbiteriale è arricchita da affreschi del Peterzano (1578) che rappresentano scene tratte dalla Bibbia. 

Il grande affresco collocato a sinistra dell'altare maggiore rappresenta la Natività. I tanti pastori presenti sulla scena (con poche pecorelle) provengono da un ambiente conosciuto agli abitanti di Garegnano: il bosco della Merlata (nell'affresco possiamo notare alcuni tipici alberi che vi erano presenti). 

Era questo bosco, di enormi dimensioni e dava rifugio a moltissimi briganti, tanto che alcuni viaggiatori provenienti da Como prima di partire facevano testamento, dal momento in cui dovevano attraversare la Merlata.

Simone Peterzano decise di immortalare i due capi briganti Giacomo Legorino e Battista Scorlino nell'affresco della Natività. Li possiamo ammirare mentre si affacciano dalla finestra del rudere che sovrasta la scena. Una volta catturati nel 1566 furono condannati a morte in una maniera atroce: legati a un cavallo e trascinati al galoppo. Tuttavia Legorino sopravvisse e dunque si dovette procedere allo sgozzamento.

Natività

L'affresco a destra invece rappresenta l'Adorazione dei Magi e fa riferimento alla tradizione cristiana. Si dice infatti che questi sovrani venissero dai tre continenti allora conosciuti: Europa, Asia ed Africa. Il Magio africano tuttavia è stato rappresentato con il volto scuro, le gambe nude e gialle. All'inizio si pensò a uno scherzo da parte di Daniele Crespi, il quale poteva aver apportato questa modifica. Tuttavia studi recenti hanno dimostrato che l'affresco era così anche in origine; dunque il Peterzano probabilmente voleva indicare che le razze al mondo conosciute erano solo due: quella chiara e quella scura.

Adorazione dei Magi

Accanto alle finestre (guardare in alto, verso il tiburio) sono stati rappresentati i Quattro Evangelisti. Marco lo possiamo ammirare accanto al leone che lo simboleggia. Eppure il suo volto è deturpato: un frammento incendiario infatti entrò attraverso la finestra durante i bombardamenti degli Alleati nell'agosto 1943 e scheggiarono questo dettaglio. I restauri successivi non hanno riportato l'affresco alla situazione originale poiché si è scelto di lasciare questa testimonianza delle brutture belliche, che per fortuna solo in questo caso non fecero ulteriori danni.

San Marco

Se ad oggi possiamo ammirare sul presbiterio uno splendente Tabernacolo, dobbiamo ringraziare alcune donne milanesi le quali, nel 1931, si impegnarono a raccogliere gioielli e preziosi tra la popolazione.

Tabernacolo

Sulla destra del presbiterio si apre la sala del capitolo, impreziosita da affreschi della seconda metà del XVIII sec. Al centro del soffitto è stato raffigurato san Michele Arcangelo mentre calpesta il Demonio, con in mano una bilancia con sopra l'anima di un defunto. Questo santo ha infatti l'oneroso compito di lottare perennemente contro il Male e di valutare le anime per definirne la destinazione.

San Michele Arcangelo

Colpisce l'acquasantiera posizionata nei pressi del presbiterio. Solitamente collocata a ridosso della facciata principale, questo elemento si trova qui poiché la porta accanto veniva utilizzata dai monaci certosini per giungere in chiesa. L'ingresso dei fratelli conversi avveniva invece dalla cappella attualmente adibita a battistero (la prima lungo la navata destra). Anche la permanenza in chiesa durante le funzioni era rigidamente divisa da una imponente cancellata a metà navata.

Antico ingresso dei certosini in chiesa

Alcune cappelle laterali aperte ai fedeli (ce n'è qualcuna che non è visitabile) presentano altari che "ingannano". Possono infatti sembrare costituiti da marmi policromi ed invece il suo materiale altro non è che gesso finemente lavorato (scagliola).

Altare cappella san Bruno

Ad oggi la Certosa di Garegnano si presenta come un'oasi di pace a ridosso di grandi arterie viabilistiche. Eppure non è sempre stata "il regno della pace e del silenzio".

Nel 1499, nonostante la struttura si presentasse quasi come una fortezza con tanto di corso d'acqua che la circondava (Roggia Molina), fu presa d'assalto dai briganti della Merlata che rubarono quanto poterono.

Anticamente, al posto del marciapiede,
 avremmo potuto trova una roggia

Nella seconda metà del XVI sec. fu rasa al suolo per essere ricostruita in forme manieristiche ad opera dell'architetto Vincenzo Seregni (1562). Dell'antica Certosa rimane solo un muro in laterizi ancora presente in esterno lungo il lato sinistro della chiesa.

Unico muro superstite del XIV sec.

L'allontanamento dei certosini avvenuta nel XVIII sec. comportò un decadimento di tutta la struttura, tanto che già dal secolo successivo non risultavano già più esserci le celle dei monaci e al loro posto ad oggi passa una rumorosa strada a sei corsie.

Ricostruzione di come poteva essere la cella, ai tempi abitata dai certosini. 
Al pian terreno avremmo trovato i luoghi di vita, lavoro e preghiera solitaria.
Al primo piano invece la dispensa e la legnaia.
Sul retro l'orto coltivato dal monaco. 


Oltre alle celle furono asportate alcune tegole del tetto, per poter poi essere riutilizzate altrove. Questo comportò un serio deterioramento degli affreschi secenteschi a causa della pioggia che penetrava in chiesa. Solo i restauri del 1938 e del 2002 sono stati in grado di riportare all'antico splendore gli affreschi così cari a tutti i milanesi.

Affreschi della volta


Con la riconversione a parrocchia della certosa (1783) si dice sia stata edificata l'attuale torre campanaria, con lo scopo di richiamare i fedeli della zona (i certosini utilizzavano i campanili a vela per poter dettare i tempi di preghiera e di lavoro). Tuttavia il grande affresco presente nell'ex refettorio (1613) mostra un modellino di Certosa di Garegnano...con tanto di torre campanaria!

Affresco nel refettorio, dettaglio


Campanile a vela che dettava
i tempi all'interno della Certosa.

Nel 1616 venne nominato priore un nobil uomo che tutto voleva fare nella vita, tranne che il religioso. Anticamente la vocazione era di secondaria importanza, per poter effettuare una scelta di vita così radicale come la consacrazione a Dio (tematica che stava molto a cuore all'illuminato Manzoni. Vedi Monaca di Monza). Fu così che in quell'anno a capo della comunità di Garegnano fu proclamato un certo Domenico Boisio il quale, durante il suo biennio di reggenza, "pensò bene" di non rinunciare ai piaceri terreni e, per poterlo fare, trasformò la Certosa in un bordello. Quando venne scoperto, fu condannato a 10 anni di lavori forzati come rematore nelle galere spagnole…

Foto ingresso
deturpato dalla presenza delle auto.

Insomma la Certosa di Garegnano può fregiarsi di essere luogo di pace, preghiera, di soggiorni eccellenti (san Carlo Borromeo, Francesco Petrarca, Lord Byron), di opere utili (sala operatoria clandestina per partigiani feriti)...ma anche di misfatti e misteri!