domenica 3 gennaio 2016

SANT'AMBROGIO parte 2


Capitello chiesa sant'Ambrogio


La basilica di sant'Ambrogio si apre con un ampio atrio (nartece) che, nella precedente basilica paleocristiana, serviva per ospitare i catecumeni, cioè coloro che erano in attesa di essere battezzati e che non potevano ancora entrare negli edifici sacri.
Questa basilica fu per tutto il basso medioevo il luogo più importante della città; in questo atrio infatti i cittadini avevano modo di ascoltare l'autorità religiosa o civile che si affacciava dalla loggia superiore.


Atrio della basilica

Quello che colpisce di questa parte dell'edificio sono i mostruosi capitelli, così fatti per riprendere la tradizione celtica di posizionare figure mostruose per tenere lontani gli spiriti maligni.


Tipico capitello mostruoso















                                                                                                    L'esterno si presenta insolitamente con due campanili. Nel XII sec. infatti, accanto ai benedettini che gestivano la basilica, arrivarono i canonici e subito si instaurò un clima conflittuale che spinse i religiosi a definire il territorio: la parte destra della chiesa spettava ai monaci; quella di sinistra ai canonici. La torre campanaria di destra (la più antica) infatti viene definita "dei monaci" e fu fatta costruire dai benedettini, mentre quella di sinistra, detta "dei canonici" fu fatta edificare da quest'ultimi e risulta essere più alta...forse perché desideravano dimostrare la loro superiorità?
Il monastero che si apre alle spalle (sulla destra) della chiesa (l'attuale Università Cattolica) altro non era che il monastero dei benedettini, mentre a sinistra della chiesa si intraprese la costruzione del monastero dei canonici, che però rimase incompiuto a causa dell'arrivo dei francesi a Milano alla fine del XV sec.
Ad oggi si può vedere solo un portico visitabile attraversando l'uscita della navata di sinistra.


Portico monastero dei canonici. Da notare le particolari colonne con "spuntoni", ad tronchonos
battenti del portale centrale non sono più gli originali. Si narra infatti che i milanesi lo fecero a pezzi subito dopo la morte del santo dato che ebbe il coraggio di chiudere la porta in faccia all'imperatore Teodosio, reo di aver fatto una strage di civili innocenti a Tessalonica (l'odierna città greca di Salonicco). I fedeli dunque pensarono bene di portarsi a casa un pezzo di quel portale, per proteggersi dai soprusi dei potenti.

Portale centrale

L'attuale chiesa romanica mantiene l'antico assetto dell'originaria chiesa paleocristiana; è per questa ragione che non ha transetto.
Al suo interno possiamo trovare in alto il matroneo, mentre sulla parete della navata sinistra è possibile vedere due delle quattro scacchiere presenti nella basilica. Queste sono con molta probabilità dei simboli templari.

A sinistra della navata centrale, all'altezza del terzo pilastro, c'è una colonna con in cima un serpente di bronzo.
Si narra sia giunto a Milano da Bisanzio attorno all'anno 1000, quale dono di nozze. Eppure una credenza popolare vuole che sia stata forgiato da Mosè durante la traversata del deserto. Il serpente prenderà vita il giorno della fine del mondo; sibilando, scenderà dalla colonna per far ritorno alla Terra Santa.
Inoltre era usanza delle mamme milanesi portare i propri figli infestati dal verme solitario, presso questa colonna; si credeva infatti che toccandola, si sarebbe guariti dalla malattia. Il povero serpente venne confuso con un anonimo verme solitario!


Colonna del serpente


Notevole per la sua fattura artistica è il pulpito (XII sec.). Il bassorilievo che si trova alla base presenta un dettaglio curioso: i dodici apostoli hanno tutti i piedi sovrapposti, metafora dell'unità della chiesa.
Bassorilievo del pulpito
Sul presbiterio possiamo trovare un elemento architettonico davvero interessante: la cattedra di sant'Ambrogio (IX sec.). E' questo il seggio del sacerdote celebrante e, secondo la tradizione, veniva utilizzata dalle donne partorienti per scongiurare un parto doloroso.
Cattedra di sant'Ambrogio

In fondo alla navata destra si apre la cappella di san Vittore in ciel d'oro (IV sec.). Costruita per ospitare le spoglie di san Vittore martire, si trovava originariamente staccata dalla chiesa paleocristiana; nel XV sec. venne invece inglobata nella basilica. Si rimane incantati dal soffitto interamente coperto da mosaici del V sec. che raffigurano san Gervaso, san Protaso, san Materno e sant'Ambrogio stesso. Questo ritratto del santo patrono di Milano viene considerato il più realistico perché il più antico. Ne emerge una figura piccola e dimessa, a dispetto delle altre rappresentazioni postume che ritraggono sant'Ambrogio in fattezze molto più robuste e autorevoli.


Ritratto del santo nella cappella di san Vittore in ciel d'oro


















C.Procaccini Sant'Ambrogio ferma l'imperatore Teodosio (XVII sec.); 1^ cappella navata destra



Nel piccolo museo alle spalle del Sacello, è possibile ammirare una toccante curiosità: un presepe costruito con materiale di fortuna da parte dei soldati italiani detenuti nel campo di concentramento di Wietzendorf.

Presepe

All'interno del cortile della basilica di sant'Ambrogio è possibile trovare una piccola chiesa:              s.Sigismondo. Questa era, fino a qualche tempo fa, conosciuta dai milanesi con il nome di "fava greca" dall'appellativo originale che era s. Maria Faventi Aegris (ovvero protettrice dei malati).
Chiesa di san Sigismondo


L'ex basilica Martyrum (l'attuale basilica di sant'Ambrogio) ha mantenuto la sua vocazione ad ospitare i resti dei santi martiri. Qui infatti hanno trovato ospitalità le reliquie di s.Felice, s.Nabore, s.Savina, s.Gervaso, s.Protaso, s. Satiro, s. Marcellina, oltre a quelle di sant'Ambrogio.
S.Felice e s.Nabore erano due soldati berberi romani convertiti al cristianesimo, vissuti nel IV sec. Vennero martirizzati nell'odierna Lodi vecchia e trasportati in incognito a Milano, per ricevere degna sepoltura, da santa Savina. La leggenda narra che la futura santa avesse nascosto le reliquie in due botti. Nella campagna milanese, probabilmente all'altezza di un paese chiamato Gnano, fu fermata da delle guardie per un controllo; alla domanda su cosa contenessero le botti, Savina rispose "miele". Quale meraviglia nel constatare che, al momento dell'ispezione, al posto delle reliquie c'era veramente del miele!
Da allora Gnano mutò il proprio nome in Melegnano.
Deposizione, santi e angeli di G. Ferrari e G.B. Della Cerva (1545), dettaglio 

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