sabato 1 marzo 2025

TARANTASIO: IL MOSTRO CHE INQUINA L'ARIA CITTADINA


Ma chi l’ha detto che al mondo esiste solo il mostro di Loch Ness?

Anche in Lombardia c’è ne è stato uno talmente perfido da dare il la all’ammorbamento dell’aria già a partire dalla notte dei tempi.

Il drago in questione si chiamava Tarantasio e abitava in uno specchio d’acqua che non c’è più (sempre che sia esistito): il lago Gerundo, nel lodigiano.

Questo mostro aveva un alito talmente pestilenziale, da ammorbare l’aria di tutta la zona. Eppure questo era il minimo…si racconta infatti che si nutrisse di bambini e che faceva affondare qualunque barca avesse il coraggio di solcare le acque del lago.

Eppure, come in tutte le favole che si rispettino, a un certo punto comparve l’eroe capace di alleviare i malanni della collettività. A Taranta (frazione di Cassano d’Adda) un giorno si materializzò l’eroica figura di Uberto Visconti venuto addirittura dal Lago Maggiore per liberare i poveri lombardi da questa presenza demoniaca.

Lo scontro fu sicuramente tremendo ed epico, i due giorni di battaglia parvero due mesi…eppure l’audace Uberto riuscì nel suo intento. L’immonda bestia era finalmente morta e lui poteva vantarsene con tutti (bambini, pescatori e fanciulle, soprattutto fanciulle).

Talmente eroica fu la sua impresa da far immortalare il drago nell’atto di divorare un bambino nel nuovo stemma famigliare. Stemma che da lì a poco sarebbe stato ricordato con il semplice nome di Biscione.

Foto tratta da www.deamoneta.com


Eppure Uberto, prima di vantarsi di tali e tante opere eroiche nel XII sec. doveva documentarsi meglio: già nel XI sec. il monaco Sabbio narrava di un mostro ormai soppresso…Insomma Uberto barlafuss ante litteram!

Ad oggi lo scheletro del tremendo drago si è ormai disperso. Una leggenda lombarda narra che alla destra del ponte che scavalca l’Adda, nei pressi della città di Lodi, avremmo potuto trovare la sua tomba. Svariate costole erano e sono disseminate in alcuni paesi della bassa Pianura Padana. Una ad esempio è ancora possibile ammirarla appesa al soffitto nel santuario della Natività della Beata Vergine a Paladina (BG). Qui ci si è presi la briga di studiarla ed è emerso che l’osso apparteneva ad un mammuth…

Foto tratta da www.prolocotarantasio.altervista.org


Ma il drago in realtà non è scomparso dalla memoria dei lombardi. Lo si può ritrovare raffigurato, non solo probabilmente nello stemma cittadino, ma anche ad esempio in un piccolo bassorilievo sula facciata del Duomo (vedi foto a inizio articolo).

Inoltre negli anni cinquanta fu trovato un esiguo giacimento di petrolio a Cortemaggiore (PC), non lontano quindi dal Lago Gerundo. La benzina che da qui proveniva fu messa in commercio con il logo del drago Tarantasio talmente stilizzato da diventare un cane a sei zampe che sputa una fiamma (smog?). Logo che ancora possiamo ammirare quando ci riforniamo di benzina presso i distributori Agip.

Fonte:wikipedia


martedì 17 dicembre 2024

14 FIORI STRAPPATI DAL VENTO

 


Passano gli anni ma non passano le abitudini: quei nonni che oggi rimproverano i propri nipoti per la svogliatezza nell’andare a scuola, di certo non possono vantare di aver fatto salti mortali la mattina quando la mamma li andava a svegliare per assolvere al proprio dovere.


Mercoledì 21 marzo 1951 ore 12.00

La campanella di fine lezione è suonata e i maschietti (sempre loro i fortunati!) si ritrovano a correre fuori da scuola per godersi finalmente le vacanze di Pasqua.

Le femminucce invece devono pazientare un altro po’: una volta usciti i loro coetanei finalmente potranno tornare a casa anche loro.

Eppure è una strana primavera quella che ufficialmente inizia quel giorno. Nella poco ventosa Pianura Padana si alza uno strano vento. “Presto!” dice la maestra alle scolare “ripariamoci vicino al muro del cortile!”

La scuola Devota Maculan è rinata dalle ceneri di una odiosa guerra terminata solo 6 anni prima. La città è un unico cantiere. Le gru a perdita d’occhio urlano all’intera nazione la voglia di Milano di diventare una città solida e benestante.

Anche il muro di cinta della scuola è sinonimo di quei tempi: robusto e moderno. I suoi grandi blocchi trasmettono sicurezza e desiderio di un futuro luminoso.

Eppure basta solo un po’ di vento ad abbattere il “muro del futuro” in quel mercoledì che profuma di colombe appena sfornate.

Sotto di esso 13 bambine e un bambino non potranno godere delle vacanze di Pasqua e nemmeno di tutto il resto.

Ad oggi riposano al cimitero Maggiore e a ricordo di quel dramma sul muro ormai rifatto e solido (si spera) è stata apposta una targa. Nello spartitraffico della popolosa via Lorenteggio è stato posizionato un piccolo monumento dal discusso sapore moderno. Le vie attorno alla scuola possiedono nomi di specie arboree capaci di ricordarci i 14 fiori appassiti in maniera prematura.

Molto prematura.

 





venerdì 29 novembre 2024

"MILANO CURIOSA. Tutto il bello che c'è da scoprire in città" LIBRO, ed. Magenes


Con lo studio di ciò che di bello ha da offrire Milano, mi sono reso cono di quanto mancassero testi capaci di affrontare con chiarezza e completezza alcuni argomenti importanti per questa città.

Per questa ragione ho scritto questo (mio secondo) libro, uscito il mese scorso. All'interno è possibile leggere 10 capitoli capaci di affrontare con leggerezza e precisione alcuni argomenti quali:

La storia di Milano

L'origine dei cognomi tipici milanesi

Le opere d'arte meneghine più curiose 

L'origine buffa dei nomi delle vie

Le tradizioni della città

La storia dei personaggi che hanno fatto grande Milano

I luoghi in cui ha vissuto Gaber

I luoghi di Jannacci

Le opere d'arte che rappresentano le donne a Milano

12 incredibili storie ambientate nella città di sant'Ambrogio 


Il libro è disponibile on line, in tutte le librerie FELTRINELLI, presso la libreria "Il Domani" (piazza Cadorna 9), libreria "Linea di Confine" (v. Ceriani 20- Baggio), edicola di Quinto Romano (p.za Madonna della Provvidenza), libreria Lumi (p.za Montanelli 16 Sesto s. Giovanni), libreria "il Signore dei Pastelli (v. Grossich 17 zona Lambrate), cartoleria "Orizzonti" (v Dante 41 Cesano Boscone), libreria "Kitaxe" (v della Libertà 10 s. Donato M.)

E' possibile inoltre ordinarlo direttamente all'autore inviando una mail a milanocuriosa@gmail,com


Insomma Milano Curiosa è il libro capace di farti dire: "questa proprio non la sapevo!"...nonché una bella idea per Natale!


mercoledì 6 novembre 2024

CRESCENZAGO CAPUT MUNDI

 

Crescenzago caput mundi?

Se è vero che il quartiere milanese non è la capitale italiana, è anche vero che qui…

L'uomo ha deciso di vivere sin dai tempi della preistoria, che da qui passava la via che metteva in collegamento Milano con Verona ai tempi degli antichi romani, che anche da qui si è iniziato a bonificare la Pianura Padana dopo la caduta dell’Impero nel 476 d.C., che in questo luogo si è deciso di far scorrere un’importante via di comunicazione d’acqua che mette in contatto Milano con l’Adda, che da qui si è fatta passare la via postale capace di unire Milano a Vienna ai tempi degli Asburgo, che qui si sono stati inventati i moderni coriandoli e stelle filanti, che qui possiamo trovare una delle vie più rappresentative per Milano e per l’Italia in quanto a mutamenti sociali. 

Insomma Crescenzago non sarà Roma, ma senz’altro ha molto da dire.


La moderna via Trasimeno riassume in sé la storia umana degli ultimi cinque millenni. Pare infatti che (anche) qui decise di vivere l'uomo a partire dal terzo millennio avanti Cristo. Nei pressi della Cascina Cattabrega sono stati trovati alcune tombe preistoriche risalenti all'età del Bronzo. La stessa area poi è diventata nel corso del tempo l'ennesimo appezzamento terreno coltivato e gestito dalla settecentesca Cascina la quale, nonostante sia stata abbandonata, ancora sopravvive ed ospita servizi per il tempo libero rivolti alla cittadinanza. Nel 1939 la rampante industria lombarda aveva bisogno di terreni e dunque la Magneti Marelli decise di utilizzare quelli adiacenti alla vicina via Adriano. Qui venne infatti impiantata la fabbrica che produceva candele per i motori delle automobili. Con il tempo le grandi fabbriche delle periferie milanesi sono state chiuse e, dove una volta lavoravano migliaia di operai, oggi possiamo trovare circa 18.000 tranquilli residenti che vivono in moderni torri condomini (quartiere Adriano). 

Ex fabbrica Magneti Marelli

"Il matitone": ex rifugio anti aereo della Magneti Marelli.
Poteva ospitare fino a mille dipendenti in caso di allarme


Dopo le testimonianze preistoriche, sicuramente un'altra forte traccia del passato è legata all'affascinante (seppur rifatta nella sua quasi totalità) s. Maria Rossa in Crescenzago (vedi post ottobre 2024). I locali canonici agostiniani ebbero il merito di risanare, nell'Alto Medioevo, le campagne circostanti, sfruttando anche la limpidezza del vicino fiume Lambro (fa sorridere e soffrire pensare a come siano peggiorate le sue acque). 

Santa Maria Rossa in Crescenzago

Fiume Lambro, il secondo più inquinato in Italia

La vicina Martesana fu una grande arteria commerciale, dato che in passato gli spostamenti di merci e persone avvenivano principalmente via acqua (soluzione decisamente più ecologica di quelle attuali). Lungo le sponde di questo canale artificiale inoltre sono sorte alcune grandi industrie, come la fabbrica dell'Ovomaltina, la quale produsse questo dolce alimento fino al 1944.

Ex fabbrica dell'Ovomaltina, attualmente occupata da Cargo, 
emporio di mobili

Tra i suoi dipendenti si annovera anche Primo Levi, quale ricercatore scientifico (il famoso scrittore era laureato in fisica). In quegli anni Levi scrisse una poesia intitolata proprio

                                                            Crescenzago  

Tu forse non l'avevi mai pensato,

Ma il sole sorge pure a Crescenzago.

Sorge, e guarda se mai vedesse un prato,

O una foresta, o una collina, o un lago;

E non li trova, e con il viso brutto

Pompa vapori dal Naviglio asciutto.

Dai monti il vento viene a gran carriera,

Libero corre l'infinito piano.

Ma quando scorge questa ciminiera

Ratto si volge e fugge via lontano,

Che il fumo è così nero e attossicato

Che il vento teme che gli mozzi il fiato.

Siedon le vecchie a consumare l'ore

E a numerar la pioggia quando cade.

I visi dei bambini hanno il colore 

Dalla polvere spenta delle strade,

E qui le donne non cantano mai,

Ma rauco e assiduo sibila il tranvai.

A Crescenzago ci sta una finestra,

E dietro una ragazza si scolora.

Ha sempre l'ago e il filo nella destra,

Cuce e rammenda e guarda sempre l'ora.

E quando fischia l'ora dell'uscita 

Sospira e piange, e questa è la sua vita.

Quando nell'alba suona la sirena

Strisciano fuor dai letti scarmigliati.

Scendono in strada con la bocca piena,

Gli occhi pesti e gli orecchi rintronati,

Gonfian le gomme della bicicletta

Ed accendono mezza sigaretta.

Da mane a sera fanno passeggiare

La nera torva schiacciasassi ansante,

O stanno tutto il giorno a sorvegliare 

La lancetta che trema sul quadrante.

Fanno l'amore di sabato sera

Nel fosso della casa cantoniera.


Dalla poesia di Primo Levi Crescenzago non ne esce decisamente bene; eppure i suoi abitanti possono vantarsi del fatto che qui sono stati inventati i moderni coriandoli e stelle filanti.

L'uso di far festa lanciandosi addosso degli oggetti è molto remota: pare che già nell'antica Roma si usassero una sorta di stelle filanti. 

Nel XVIII sec. si pensò saggiamente di sostituire le preziose mandorle con i semi di coriandolo per potersi divertire. Eppure questo divertimento presto degenerò: l'uso di "proiettili" composti da piccole pietre ricoperte di gesso difatti provocava svariati feriti.  Attorno al 1875 l'ingegnere Mangilli fu in grado di "salvare capre e cavoli" inventando lui per primo i coriandoli di carta. Questo imprenditore aveva una stamperia nell'attuale Villa Lecchi, nella quale produceva fogli bucherellati per l'allevamento dei bachi di seta. Quale miglior modo di utilizzare i cerchietti prodotti e destinati al macero, se non quello di usarli come coriandoli? La sua idea ebbe subito un successo nazionale, tanto che a ruota inventò le odierne stelle filanti riciclando i lunghi foglietti di carta utilizzati per inviare messaggi via telegrafo.

Villa Lecchi

Se Milano ad oggi ha una importanza di estrema rilevanza nella penisola italica, lo si deve anche alla sua posizione geografica strategica. Da piazza Duomo parte un tracciato che ci porta (attraverso il passo del Sempione) nel cuore di Parigi; nell'attuale piazza De Angeli si dipanano due antiche vie che portano in montagna (Piemonte) o al mare (Liguria); mentre da piazzale Loreto partiva l'ottocentesca via postale austriaca (oggi via Padova) capace di collegare direttamente il capoluogo lombardo con la capitale dell'impero asburgico, Vienna. 

L'antica strada postale ad oggi è sicuramente emblematica dei nostri tempi. Dire "via Padova" significa parlare di immigrazione con tutto ciò che esso implica. L'aspetto di questa lunga arteria talvolta si avvicina più a un quartiere magrebino che milanese: chi vi abita è in gran parte immigrato, soprattutto dai paesi arabi (fa specie girare la sera e accorgersi dell'assenza del gentil sesso tra chi popola queste vie). 

In via Padova si alternano costruzioni nuove a vecchie; alcuni angoli sono sicuramente belli e pittoreschi, ma senz'altro la manutenzione va migliorata. Emblematico è l'ultimo tratto di via Padova, quello nel territorio del vecchio Comune di Crescenzago, a due passi dal punto in cui la via diventa parallela della Martesana. Qui, in una infilata di costruzioni popolari e ottocentesche spicca un moderno condominio che fa a pugni con il contesto. Stesso discorso vale per la costruzione nella vicina via Meucci, angolo via Adriano.

Via Padova

Via Padova ha visto il nascere di una bella realtà interculturale: L'orchestra di via Padova. Nata nel 2006 (e scioltasi 8 anni dopo), questa band raggruppava 19 musicisti di ben 9 paesi diversi (Tunjà): perfetta fotografia della zona a nord est di Milano.


Il civico 275 di questa lunga via milanese viene ancora ricordata con l'appellativo "Curt de l'America".

Questa casa di ringhiera è anch'essa lo specchio della società milanese che cambia: era in origine popolata da operai milanesi, quindi famiglie meridionali, oggi ospita invece principalmente una comunità di immigrati egiziani.

Eppure se si è meritata questo originale appellativo una ragione c'è. Non esiste una spiegazione univoca e certa, ma pare che questo edificio fosse adibito ad ospitare a fine Ottocento italiani diretti in America. Possiamo immaginare che qui le famiglie potessero usufruire di affitti a breve durata, nell'attesa di poter partire per Genova alla volta degli tanto agognati Stati Uniti d'America. Nell'immediato secondo dopo guerra invece questa grande casa di ringhiera era quasi una realtà autarchica: gli abitanti potevano usufruire del prestinaio, ferramenta, parrucchiere e droghiere, tutti presenti nei locali che oggi occupano il pian terreno. I bambini scorrazzavano nel cortile e, quando faceva caldo, potevano uscire dall'ingresso secondario per fare direttamente un tuffo nella Martesana. Le madri trascorrevano il tempo libero a chiacchierare e solidarizzare sui ballatoi. Anche se gli appartamenti non avevano i comfort attuali, sembravano una vera e propria reggia rispetto a quelli dove poi i loro figli li hanno trasferiti. Appartamenti ricchi di tecnologie e solitudini.


Curt de l'America


Eppure fino all'avvento degli anni del "miracolo italiano", Crescenzago aveva decisamente un aspetto meno popolare dell'attuale. 

Nel XVIII sec. addirittura, vista la vicinanza con l'elegante corso d'acqua della Martesana, svariate famiglie scelsero le sue sponde per poter costruire la propria villa di delizie. Ancora oggi, nascoste tra la vegetazione, lungo la via Amalfi fanno mostra di sé bellissime palazzine che hanno permesso a questo quartiere di guadagnarsi l'appellativo di "Riviera di Crescenzago". Palazzine precedute dall'ex municipio che ha perso la sua funzione, dal momento in cui Crescenzago non è più comune autonomo (1923).

Riviera di Crescenzago

Come già visto, ad oggi Crescenzago è un popoloso quartiere multietnico, ma fino alla Seconda Guerra Mondiale manteneva la sua identità di "paese" alle porte di Milano. Sarà per questa sua caratteristica che gli abitanti a un certo punto (siamo nella seconda metà dell'Ottocento) iniziarono a mormorare che una di queste palazzine fosse abitata da una inquilina davvero speciale: l'amante di Vittorio Emanuele II. Quest'ultimo pare abbia fatto un gradito dono alla "propria innamorata", ma ad oggi non ci è dato sapere purtroppo quale fosse l'abitazione e chi fosse la prescelta del re. 


La storia passionale del primo re di Italia un po' stride con quella di don Enrico Bigatti, vice parroco di santa Maria Rossa ai tempi dell'ultimo conflitto mondiale. Il sacerdote infatti, a due passi dalla Riviera di Crescenzago, ha dimostrato un'audacia e una fede davvero eccezionali. Ne parlo in questo racconto che ho scritto con sincera passione: Il coraggio.

Affresco della Madonna della Liberazione
commissionato da don Enrico


La Pianura Padana, fino alla Seconda Guerra Mondiale, era caratterizzata da svariati borghi prettamente agricoli che curavano la campagna circostante. Anche Milano, nonostante i tentativi di ingrandirla nel 1923, si presentava con un panorama edile non continuativo: molte erano infatti le zone agricole all'interno dei propri confini. Crescenzago in questo non faceva eccezione, dato che presentava svariate zone verdi attorno al suo antico abitato. Antico abitato che è possibile vivere soprattutto nell'attuale via san Mamete, ormai in gran parte assorbito dalle abitazioni moderne circostanti.

La gatta Wilma ti dà il benvenuto in via san Mamete!

Questa via prende il nome da una piccola chiesa ancora presente e raramente visitabile al suo interno. Fa specie pensare che qui, a partire dal 1576, avremmo trovato il Lazzaretto di Crescenzago: le case antiche e ora ristrutturate attorno all'oratorio ospitavano i tanti ammalati delle numerose epidemie cha hanno interessato questo antico paese.

Oratorio di san Mamete

Ma ancora più curiosa è la storia del cantiere che ad oggi sorge davanti al piccola chiesa. Questo era un'antica cascina poi abbandonata e oggi, ahimè, abbattuta. Al proprio interno, a seguito dell'immigrazione di massa, a fine anni Ottanta venne predisposta una chiesa per accogliere i tanti fedeli che qui erano venuti ad abitare dalle altre regioni di Italia. L'oratorio di san Mamete infatti a quel punto risultava essere troppo piccolo; per questa ragione fu sfruttata l'ex stalla della cascina, dando origine a quella che gli abitanti della zona ribattezzarono "cattedrale stalla".

"Cattedrale stalla"


Per fortuna poi nel 1997 venne edificata una chiesa capace di accogliere i tanti fedeli che nel frattempo erano venuti ad abitare anche nel nuovo quartiere Adriano.

La parrocchia prende il nome di Gesù a Nazareth (via Trasimeno, 53) e esternamente appare come una delle tante chiese moderne dalle forme originali. Eppure è al suo interno che è in grado di esprimere il massimo della sua potenzialità, in quanto a bellezza. La struttura è molto luminosa e da' asilo a svariate opere moderne davvero speciali; in particolar modo meritano una visita i quadri della Via Crucis di Letizia Fornasieri; in queste opere Gesù vive le tappe del proprio martirio in un contesto metropolitano moderno il quale ricorda molto il quartiere che ospita la chiesa. Davvero emozionante!

Opera di Letizia Fornasieri


Nella verace via san Mamete è possibile trovare una locanda storica: la Trattoria dell'Ombra, chiamata così perché anticamente al suo interno gli abitanti trovavano ristoro all'ombra di due grossi tigli che ad oggi non esistono più. Ancora ai giorni nostri gli anziani di questo quartiere raccontano degli odiosi soldati nazisti, i quali si recavano in bicicletta in trattoria durante l'ultimo conflitto mondiale. I tedeschi però, consapevoli dei sentimenti nei loro confronti, per sicurezza, prima di entrare pensavano bene di staccare il manubrio e portarlo con sé, onde evitare furti e risatine sotto i baffi.

Trattoria dell'ombra


Solo a Crescenzago, via Padova e la Martesana scorrono parallele; al termine di questo quartiere infatti l'antica via postale austriaca si dirama in una serie di grandi arterie che abbandonano il Comune di Milano. La placida Martesana in compenso prosegue il suo tortuoso percorso affiancata da un'altra strada che merita una curiosa passeggiata: via Idro. Qui per fortuna il panorama non si è ancora imborghesito. La pista ciclopedonale meriterebbe una risistemata e lungo entrambe le sponde del corso d’acqua si alternano zone incolte, natura selvaggia, capannoni industriali abbandonati, qualche villa moderna e una cascina ormai in completo disfacimento (cascina Lambro).

Mi chiedo quando il mondo della movida si accorgerà di questo angolo prezioso di Milano… 

La Cascina Lambro si trova a pochi metri dal punto in cui la Martesana interseca il Lambro; quest’ultimo passa sotto l’alveo del canale artificiale. In passato l’affittuario aveva il compito di regolare l’afflusso dell’acqua dei due corsi: quando la Martesana era troppo gonfia d’acqua faceva in modo che parte di questa affluisse nel Lambro e viceversa.

Cascina Lambro
Foto tratta da www.riaprireinavigli.it


Al principio della via Idro c'era una frazione dell'ex comune di Crescenzago: frazione Tre Case. Ancora oggi fanno mostra di sé due case antiche (chissà che fine avrà fatto la terza…), una delle quali è occupata da un ristorante: la Trattoria Novelli. In questo locale storico vennero girate alcune scene del film "Mani di velluto", con Adriano Celentano.

"Mani di velluto"


Ultimo avamposto del Comune di Milano è la famigerata Cascina Gobba diventata famosa poiché ha prestato il suo toponimo a una importante stazione della metropolitana.

Sull'origine del suo nome sono state fatte molte ipotesi, ma sicuramente quella più curiosa vede l'affittuario vissuto nel XVI sec. (tale Cristoforo De Magistris), essere ricordato per avere "drio la schena un montesel" (per citare la celebre canzone trentina "I gobbetti"). 


Ma prima di salutare Crescenzago, prima di salutare Milano e proseguire il nostro virtuale cammino verso Sesto san Giovanni o Vimodrone o Cologno Monzese (a seconda delle strade intraprese), vale la pena chiedersi qual è l'etimologia di Crescenzago.

Il suo nome testimonia il fatto che in origine era molto probabilmente di proprietà di un certo Crescenzio, veterano romano, il quale venne ricompensato con un appezzamento terreno alle porte di Mediolanum. L'elemento curioso del suo toponimo è sicuramente il suffisso "ago" di origine celtica che stride invece con il nome proprio in latino.

Insomma già dal nome Crescenzago era predestinata ad essere una zona di incroci culturali e le tante facce esotiche che oggi popolano le sue vie non fanno altro che portare avanti in maniera forte e innovativa questa antica tradizione.

Benvenuti a Milano, benvenuti a Crescenzago caput mundi!






Farmacia presente nel Quartiere Adriano; in origine era in via Manzoni.
Ancora oggi prescrive farmaci con pesi e misure inglesi
Foto di Marino De Stena


In via Del Ricordo, 45 esiste ancora il cimitero di Crescenzago
abbandonato negli anni Sessanta
Foto tratta da www.milanotoday.it


Via san Mamete come si presentava
nei primi anni Ottanta


Chiesa Gesù a Nazareth


"I due bulli di Crescenzago"

mercoledì 2 ottobre 2024

Le Tre Marie milanesi

Chiesa santa Maria Rossa in Crescenzago


Sin dalle prime comunità cristiane, il culto mariano ha avuto sicuramente un ruolo primario. 

Maria (Miriam per i conterranei di Gesù) è sempre stata amata dai fedeli, in particolar modo dagli abitanti dello Stivale, notoriamente attaccati alla figura materna. Dunque non deve stupire se in Italia quasi 10.000 chiese siano dedicate alla Madonna. 

Milano in questo non fa di certo eccezione. Eppure, quando tre chiese vicine portano tutte lo stesso nome, allora nasce l’esigenza di distinguerle. E quale modo migliore se non ricorrere ai colori? Ecco dunque che nella zona nord-est del capoluogo lombardo sorgono la chiesa di Santa Maria la Rossa, Santa Maria la Nera e Santa Maria la Bianca. 

Squisita è l’origine del nome di Santa Maria Bianca in Casoretto. Una delle tracce più antiche all’interno di questa chiesa del XV secolo è un adorabile affresco di una Madonna di bianco vestita. “Santa Maria Nera” (il suo vero nome però è chiesa del Santissimo Redentore) deve il suo nome, molto più prosaicamente, a una statua Mariana nera, nera come quella che è possibile trovare nel santuario di Loreto, nelle Marche.

Vergine Bianca della Misericordia di Casoretto

Quella più affascinante, almeno a mio avviso, è Santa Maria Rossa in Crescenzago, da non confondere con Santa Maria Rossa alla Fonte (sul Naviglio Pavese) e Santa Maria Rossa in Monzoro. 

Quando si è pensato al colore rosso per soprannominare la chiesa, di sicuro non si è fatto un grande sforzo di fantasia: il romanico lombardo si avvale del materiale più abbondante in zona, ossia mattoni rossi fatti con l'argilla. 

S,ta Maria Rossa in Crescenzago, interni

In quel di Crescenzago c’era nel X sec., una cappella dedicata alla Vergine. Nel XII sec. è stata trasformata in una canonica retta dagli agostiniani, i quali vivevano nell'edificio prospiciente la chiesa.

Esattamente un secolo fa si è deciso di effettuare dei restauri pesanti all'edificio religioso, il quale oggi brilla per armonia e bellezza, ma poca originalità. Molti elementi interni e esterni infatti sono solo apparentemente antichi. In primis il pulpito in pietra con i suoi gatti buffi.

Pulpito, dettaglio

Originale invece è la piccola lapide marmorea all'ingresso (ormai illeggibile) che recita Nel castissimo tempio delle Vergine, bisogna essere casti.

La facciata riporta, come decorazione, degli elementi decorativi giallo verdi. Per la loro forma convessa possono ricordare delle scodelle, forse a ricordo del fatto che anticamente i pellegrini potevano trovare rifugio (e un piatto di zuppa calda nei giorni invernali) nel convento degli agostiniani.

Dettaglio della facciata

L'ex convento ad oggi spicca grazie al suo aspetto esterno per metà ruspante e per metà elegante. Nel 1772 è stato soppresso e poco dopo rilevato dall'agronomo Domenico Berra, il quale lo ha trasformato in una cascina. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale Crescenzago era diventato un quartiere popoloso e decisamente poco agricolo. Per questa ragione nel 1980 Casa Berra (l'ex convento agostiniano) è stata trasformata in un condominio… e che condominio! L'edificio è molto elegante anche grazie alle tracce del passato che si mischiano a quelle contemporanee. A partire dal 2019 infatti opera l' Associazione Culturale Casa Berra che permette al condominio di brillare di originalità (oltre che di bellezza): i suoi spazi ospitano opere artistiche contemporanee. Così è davvero emozionante passeggiare nei cortili interni del palazzo, tra opere enigmatiche, rondini che ti sfiorano la testa, paciosi gatti domestici e bambini che donano gioia a ciò che rischiava di essere completamente abbandonato (e magari trasformato in un moderno condominio a due passi dalla metropolitana)! 

Casa Berra

Casa Berra, cortile interno

Casa Berra, interni


Altra testimonianza antica sopravvissuta tra palazzoni moderni è la chiesa di santa Maria Bianca della Misericordia, nel quartiere Casoretto. 

Santa Maria Bianca della Misericordia in Casoretto

La chiesa e l'abbazia sono del XV sec. (anche se la facciata è stata rifatta nel 1927 seguendo un gusto rinascimentale) e ospitavano i canonici lateranensi. Fa impressione vedere le immagini di fine Ottocento e accorgersi di quanto sia stato recentemente fatto per riportare gli ambienti dell'antica abbazia a un aspetto, se non del tutto originale, almeno ordinato e armonico. Ambienti che oggi ospitano servizi per disabili (dove a lungo ho lavorato). 

Chiesa e abbazia, 1899

La retrostante via Mancinelli è diventata tristemente famosa in seguito all'attentato a Fausto e Iaio: due ragazzi di sinistra assassinati da coetanei di destra durante i famigerati Anni di Piombo (agguato avvenuto il 18 marzo 1978).

Graffito in via Mancinelli


Piazzale Loreto è conosciuta in tutto il mondo per alcuni episodi legati alla Resistenza e ad oggi è sicuramente ricordata per essere una importante stazione della metropolitana.

Eppure non tutti sanno che, se questo luogo milanese si chiama così, lo si deve ad una statua alloggiata in una chiesa, non più esistente, a due passi dall'odierno piazzale.

Statua posta nella prima cappella navata sinistra,
chiesa del Santissimo Redentore 

La statua inizialmente era nera (da qui il soprannome di santa Maria la Nera dato all'ex chiesa ospitante) poiché creata come quella originale a Loreto. Con il tempo però è stata ridipinta con colori molto più nostrani.

In origine la struttura religiosa, con al suo interno la statua, si trovava nell'attuale piazza Argentina; aveva dimensioni enormi, si chiamava Monastero di santa Maria di Loreto fuori Porta Orientale e venne inaugurato nel 1641. La sua edificazione fu lunga e articolata; eppure sopravvisse solo 140 anni, dato che poi venne soppressa dal solito Giuseppe II d'Asburgo.

Solo nel 1900 il popoloso quartiere di corso Buenos Aires ha potuto avere una parrocchia tutta sua; in quell'anno infatti è stata inaugurata la chiesa del Santissimo Redentore nella vicina via Giovanni da Palestrina.

Chiesa del Santissimo Redentore

Quest'ultima chiesa è luogo di opere d'arte che fanno parlare di sé. Sull'altare maggiore infatti spicca una ottocentesca statua di Gesù Redentore, la quale si presenta con mani posizionate in maniera decisamente strana. E' ormai appurato che in origine impugnava una grande croce lignea, poi rimossa per volere dei sacerdoti di questa parrocchia.

Svelato il mistero.

Statua di Gesù Redentore



A Casa Berra anche una finestra rotta
può diventare arte




Casa Berra





Sala Capitolare in Casoretto 
con affreschi raffiguranti i santi Carlo e Federico Borromeo