giovedì 12 dicembre 2019

...ALTRE 10 INCREDIBILI STORIE DI UNA MILANO DAVVERO CURIOSA...


Foto di Francesco Mezzotera

Riprende la narrazione di storie milanesi davvero curiose, ordinate con criterio cronologico. L'ultimo post era ambientato nel XVI sec. e sempre da lì riparte la narrazione, con la differenza che ora gli occupanti di Milano parlano spagnolo e non più francese.


11 Mal di denti in san Simpliciano 
E' la chiesa di san Simpliciano una delle più belle e antiche della città, ma è il suo campanile a regalarci una leggenda molto antica che ci parla di mal di denti.
Questa torre infatti, così come quella della vicina chiesa di S. Maria del Carmine, fu abbassata per volere del governatore spagnolo, nel XVI sec, per fare in modo che nessuno potesse spiare ciò che avveniva nella vicina caserma (l'attuale Castello Sforzesco). In quel periodo pare infatti che ci fosse un mercante di porta Comacina che soffrisse di un forte dolore al molare, dunque chiese al campanaro di san Simpliciano di poter suonare le campane con la bocca nella speranza di vedersi strappare i denti. Risultato: una sonora capocciata contro il soffitto della cella campanaria! In compenso il mal di denti cessò definitivamente...


Foto di Francesco Mezzotera


12 Storia di palazzo Marino 
Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, è in grado di regalarci una storia che vale senz'altro la pena di conoscere...
Tommaso Marino era uno strozzino genovese che abitava a Milano nei pressi dell'attuale Municipio. La sua terribile fama era diffusa tra tutti gli abitanti della città e non solo. Pare infatti che prestasse denaro agli uomini più potenti del XVI sec., compreso il Papa, e che non facesse sconti a nessuno! Un giorno, all'età di 78 anni, incrociò una bella ragazza, Arabella (detta Ara) Cornaro e se ne innamorò immediatamente, tanto da pretenderla in sposa. Dunque mandò un suo emissario a chiedere la mano al padre della ragazza, un nobiluomo veneziano. Quest'ultimo, saputo da chi proveniva la richiesta, negò categoricamente al genovese di sposare la propria bella figliola. Detto fatto, Marino fece rapire Ara dai suoi bravi (riconoscibili da una mazza con lo stemma del loro padrone e cioè tre pesciolini guizzanti). Questo avvenimento rischiava di far scoppiare un conflitto diplomatico tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano. Così intervenne subito il governatore spagnolo del ducato milanese a fare da mediatore, il quale riuscì a far scendere a patti le due parti: il padre della ragazza infatti avrebbe acconsentito al matrimonio solo se Marino fosse stato in grado di costruire un palazzo bello quanto le grazie della figlia. Fu così che Tommaso Marino impegnò tutti i suoi averi per poter costruire il Palazzo che oggi ammiriamo, ma questa sua scelta lo portò in rovina, tanto che la costruzione gli venne confiscata dalle autorità spagnole che la utilizzarono per lo svolgimento di attività di carattere fiscale; ancora oggi il palazzo è sede di uffici pubblici. Tommaso Marino era molto odiato dalla popolazione milanese e a maggior ragione il fatto che il suo Palazzo fosse la sede degli uffici dove la gente doveva recarsi per pagare le tasse accrebbe questo sentimento nei confronti del genovese, tanto che fu formulato un'anatema:
Congeries lapidum, multis constructa rapinis aut uret, aut ruet, aut alter raptor rapiet
(Accozzaglia di pietre, costruita grazie a molte ruberie o brucerà, o cadrà, o sarà rubata da qualche altro ladro)
Tutto questo avvenne puntualmente nel corso dei secoli: il Palazzo infatti fu sventrato durante i bombardamenti nell'agosto del 1943.
Naturalmente, dopo la confisca, l'uomo non si calmò, anzi il destino avverso era stato in grado di esacerbare la sua indole iraconda, tanto che in un accesso di rabbia chi ne fece le spese fu la povera Ara che venne impiccata dal marito stesso al baldacchino della villa di campagna a Gaggiano.
Fino a qualche decennio fa i bambini di Milano utilizzavano come conta una filastrocca che riguardava questa sfortunata creatura:
Ara, bell''Ara discesa Cornara, de l'or fin, del cont Marin strapazza bardocch, dent e foeura trii pitocch, trii pessitt e ona massoeura, quest l'è dent e quest l'è foeura.
(Ara, bell'Ara della famiglia Cornaro, dai capelli di oro fino, appartiene al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori di casa ci sono tre bravi, con la mazza e i tre pesciolini, questo è dentro e questo è fuori)

Marino morì molto anziano (97 anni), e dopo la sua scomparsa la sua famiglia visse un'altra vicenda disdicevole: la nipote Marianna infatti era stata costretta a diventare monaca presso il convento di Monza e la sua triste storia fu immortalata dal grande letterato Alessandro Manzoni.


Palazzo Marino
Foto di Francesco Mezzotera

13 Palazzo Acerbi: la casa del Diavolo! 
Il marchese Acerbi fu protagonista di una leggenda che si venne a creare durante la peste milanese più famosa: quella del 1630.
Il nobil uomo proveniva, con molta probabilità, da Ferrara e giunse a Milano in un periodo di forte crisi economica (i primi decenni del XVII sec.). Eppure, nonostante anche i cittadini ricchi tendessero a fare un uso parsimonioso del proprio denaro, lui invece prese a fare spese folli, sopratutto per abbellire la propria residenza. I milanesi, forse mossi da invidia, presero a dire che il marchese era il Diavolo: solo lui infatti poteva permettersi tanto lusso in un periodo così misero!
Il marchese saputa la notizia, iniziò ad avere un atteggiamento utile ad avvalorare questa diceria: ad es. andava in giro in carrozza con quattro paggi dall'aspetto lugubre, magri, pallidi e sempre di nero vestiti.
Con lo scoppio della pestilenza chi poté scappò dalla città e chi rimase evitò il più possibile la vita sociale...Tutti tranne il marchese Acerbi: lui infatti continuò a tenere feste e la cosa incredibile era che nessuno tra gli invitati, la servitù ed il nobil uomo stesso si ammalò. Fu questa situazione a convincere sempre di più i milanesi che il marchese altro non fosse che il Demonio in persona! Ecco perchè ad oggi, in corso di porta romana 3, è possibile trovare il palazzo del Diavolo.
Eppure, da studi approfonditi, pare che il marchese fosse già morto allo scoppio della peste...



Palazzo Acerbi, foto di Francesco Mezzotera


14 Barbarinetta e il Cristo del Verziere 
Ci troviamo in largo Augusto, l'antico Verziere di Milano. 
Qui nel 1673 venne eretta la statua che ancora oggi possiamo ammirare sulla sommità della possente colonna. Eppure una grossa differenza c'era rispetto ad oggi: il Cristo Redentore guardava in origine verso piazza santo Stefano e non verso via Durini. 
Per spiegare l'accaduto si è ricorsi, come al solito, alla leggenda. Nello specifico la leggenda di Barbarinetta, brava ragazza popolana che qui abitava. Una sera la fanciulla stava tornando a casa con suo padre, quando incapparono in un gruppo di balordi, i quali uccisero il genitore e sequestrarono la figlia. La povera Barbarinetta era predestinata alle violenze più inaudite da parte di questi delinquenti, ma il suo fervore giovanile la spinse ad urlare a più non posso e a divincolarsi per sfuggire al suo atroce destino. Questa sua reazione sicuramente fu utile perchè attirò l'attenzione di un bel giovane che riuscì a sconfiggere nella rissa il gruppo di delinquenti, i quali se la diedero a gambe. Manco a dirlo Barbarinetta si innamorò del suo bel salvatore! Ma non sapeva, la povera ragazza, che anche il suo amato era un assassino, dallo stile di vita dissipato e ricercato dalla polizia. Eppure per lui Barbarinetta cambiò radicalmente: iniziò a vagabondare e a dimenticare quello che in origine era: una brava ragazza. Il destino però talvolta è crudele: il fidanzato venne catturato e giustiziato esattamente nella piazza dove abitava la fanciulla.
Barbarinetta non volle abbandonare il suo amato: proprio mentre la scure del boia calava sulla testa del condannato si sentì un tonfo...era la ragazza che si era lasciata andare nel vuoto per congiungersi eternante con il proprio amato. 
In quel momento si dice che Gesù si voltò per non assistere a questa scena decisamente straziante...

Risultati immagini per colonna largo augusto milano
Fonte: Wikipedia

15 Sant'ambrogio benedicente 
Su via Mercanti, di fronte al Palazzo della Ragione, troviamo il Palazzo dei Giureconsulti con al centro della sua facciata una statua enorme che rappresenta s.Ambrogio benedicente. Nel XVIII sec. l'oste dell'osteria ancora presente in piazza Mercanti fu arrestato perchè aumentò il prezzo della polenta da due a tre soldi. Al momento dell'arresto si giustificò dicendo che non era colpa sua ma di s.Ambrogio che glielo aveva suggerito con le tre dita alzate! 

Statua sant'Ambrogio, palazzo dei Giureconsulti,
 foto di Francesco Mezzotera


16 Contessa Giulia Samoyloff: storia di edonismi d'altri tempi 
Al n° 20 dell'elegante via Borgonuovo, troviamo Palazzo Bigli Samoyloff, residenza dell'omonima contessa russa. 
Era quest'ultima una donna davvero spendacciona ed edonista; un episodio racconta bene il suo stile di vita.
Il 9 maggio del 1832 la nobildonna tenne una festa che durò ben tre giorni. Il giardino del suo palazzo per l'occasione fu impreziosito da labirinti di siepi, cascate di fiori, orchestre che suonavano nascoste nel verde e un teatrino che proponeva spettacoli senza sosta. L'eco di questo spreco arrivò in Russia e costrinse lo zar a far interdire la contessa e a dare i suoi beni in amministrazione ad una banca milanese.

Sicuramente Giulia fu un personaggio bizzarro anche per i suoi contemporanei: aveva l'abitudine, poi così non originale, di farsi il bagno ogni mattina in una vasca piena di latte; latte poi rivenduto al vicino caffè Cova che lo trasformava in un sorbetto venduto ai soldati austriaci i quali erano follemente innamorati di lei (e non solo loro).



Giulia Samoyloff
FONTE: www.verdi.san.beniculturali.it


17 Teppisti al castello! 
Esiste a Milano una città che tutti noi conosciamo e una città invece sotterranea che altrettanto andrebbe conosciuta.
Era quest'ultima composta da vie sotterranee che permettevano alla famiglia ducale degli Sforza di scappare dal castello in caso di pericolo, per non finire ostaggio dei propri nemici. Con l'avvento di Napoleone a Milano, queste vie di fuga furono abbandonate, ma non del tutto non sfruttate.

Nella prima metà del XIX sec. infatti una banda di ragazzacci milanesi avevano l’abitudine di ritrovarsi nella strada coperta del Castello che allora risultava essere completamente ricoperta di muffa, visto il suo stato di abbandono. Muffa che in milanese si dice “teppa”, da qui il soprannome banda della teppa e dunque teppista. Questi ragazzi avevano l’abitudine di fare scherzi pesanti, soprattutto ai danni delle ragazze milanesi, le quali, secondo loro, altro non ambivano che a sposarsi con gli odiati soldati austriaci. La strada coperta permetteva di colpire e scappare senza essere intercettati. Questa situazione venne sopportata fino al giorno in cui, tra le vittime degli scherzi, non ci fu anche una ragazza appartenente a una famiglia molto vicina al viceré austriaco, il quale decise di non tollerare più la situazione: per ironia della sorte la banda fu sciolta e i loro componenti costretti a “mettere la testa a posto” arruolandosi in maniera coatta nell'esercito austriaco!


Strada coperta della Ghirlanda
FONTE:
      www.milanoneicantieridellarte.it



18 L'omm de preja 
E' questa statua molto preziosa per Milano, eppure, forse a causa della sua posizione elevata (a circa un metro da terra), passa puntualmente inosservata, mentre invece meriterebbe maggiore attenzione da parte dei milanesi.
Il Scior Carera era un'antica statua romana simile al Pasquino di Roma, cioè una statua parlante, una scultura sulla quale venivano affissi dei cartelli con lo scopo di sbeffeggiare di nascosto i potenti della città. Abitudine che era soprattutto in voga durante il Risorgimento, tanto che le autorità cittadine spostarono la statua al primo piano dell'abitazione dove si trovava allora (ai piedi di un palazzo in via san Pietro all'Orto), ma questo non impedì ai milanesi di appendere un cartello che invitava allo sciopero dei sigari, che diede poi il via alle cinque giornate nel 1848.
Il suo nome deriva dalla prima parola dell'iscrizione di Cicerone ai piedi della statua "Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est" (Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a parlare contro un altro), ma viene anche comunemente chiamato Omm de Preja, cioè uomo di pietra.


Foto di emiliano marin


19 La dama velata: emozioni da far perder la testa 
Via Paleocapa è quella via che, fuoriuscendo dal parco Sempione, conduce a piazza Cadorna, ed è qui che si presume sia ambientata la prossima storia...
A partire dalla fine del XIX sec., si verificarono in zona parco Sempione strani casi di improvvisa malattia mentale: si trattava nella totalità delle volte di uomini che passeggiavano per i viali del parco, soprattutto nelle notti invernali. Questi sventurati, con la poca lucidità e serenità a loro rimasti, raccontavano di essersi innamorati e conseguentemente impazziti! La donna oggetto del loro amore era speciale; era infatti in grado di intercettarli nelle notti invernali, trascinarli con se' nella sua casa e lì, dopo frenetici balli in stanze rischiarate dalle sole candele, sedurli fino a che non erano costretti a fare la macabra scoperta: durante i momenti intimi il malcapitato alzava il velo che costantemente era calato sulla faccia della dama, per poi scoprire che sotto di esso si celava un teschio!
Eppure le vittime, dopo essersela data a gambe, tornavano sui propri passi con l'intento di ritrovare l'abitazione della dama velata, per poi scoprire che quella casa in realtà non esisteva...

E' da svariati decenni che non assistiamo più a testimonianze di uomini follemente innamorati: che la dama abbia trovato pace? (o forse è dovuto al fatto che ormai la nebbia ha abbandonato la città...).


FONTE: www.ilpost.it



20 Giovanni D'Anzi: storia di un apostrofo che conta
Corso Vittorio Emanuele ospita diverse piccole gallerie, ed è proprio in una di questa che idealmente ci recheremo per conoscere la prossima storia.
La galleria del Corso infatti ospita le case discografiche più importanti d'Italia e di fronte alla sede di una di queste (al civico 4) si trova una targa commemorativa di Giovanni D'Anzi, autore di "O mia bella Madonina".
D'Anzi, come molti artisti, aveva un carattere molto particolare. Nacque nel 1906 a Milano da genitori pugliesi e, sin da piccolo, aveva l'abitudine di vantarsi del proprio cognome; qualcuno infatti gli aveva detto che i cognomi con l'apostrofo denunciavano nobili origini, e lui, modestamente, doveva esserlo. Un giorno la maestra, stanca di questi continui vaneggiamenti, lo rimproverò e il piccolo Giovanni, di tutta risposta, prese la propria cartella e la scaraventò sulla testa dell'insegnante. La punizione che seguì a questa azione fu esemplare e in linea con i tempi d'allora: espulso da tutte le scuole d'Italia. Per studiare fu dunque costretto a rimanere a casa, dove un giorno fu notato dal maestro di pianoforte della sorella, mentre strimpellava sui tasti. L'insegnante non vedente non aveva dubbi: il bambino aveva un talento innato per la musica! E infatti da lì a poco il giovane iniziò a lavorare come pianista. Un giorno, durante un festival della canzone napoletana tenutosi al teatro Trianon, Giovanni si chiese come mai nessuno avesse composto un pezzo per la sua amata città. Solo allora gli venne l'ispirazione: compose di getto"Madonina" che suonò la sera successiva (siamo nell'ottobre del 1935) al termine del repertorio napoletano...e subito fu un successo che dura tutt'ora!


FONTE: https://www.deejay.it/articoli/milano-ha-una-nuova-madunina-e-come-da-tradizione-e-made-in-sud/