lunedì 9 ottobre 2023

BENVENUTO A VILLA NECCHI CAMPIGLIO. QUANDO ENTRI METTI LE PATTINE.

"Il poeta Checov" 1922 di Arturo Martini


Permane ad oggi in Italia la ferma convinzione che Milano sia un comune ricco. Poi ci si accorge che la maggior parte delle persone vivono in dignitose periferie e fanno i salti mortali per arrivare a fine mese, soprattutto perché questa non è una città “a buon mercato”.

Eppure esiste, a ben vedere, una fetta di popolazione che vive in centro (oggi si dice che appartengano all’area C) e per loro il discorso un po’ cambia.

E’ questa la sensazione che si prova nell’entrare a casa dei signori Campiglio.

La loro villa sorge in uno dei quartieri più esclusivi di Milano, il cosiddetto “Quadrilatero del Silenzio”: una parte della città che fino al 1890 altro non era che una zona verde occupata da orti e giardini (soprattutto appartenenti alle istituzioni religiose). Poi nel 1926 si decise di urbanizzare anche questo angolo rurale della industrializzata Milano. Eppure qui, diversamente da altri quartieri ad ex vocazione agricola, si scelse di tenere come valore cardine quello della bellezza. Ecco che ancora oggi girare tra le vie di questo quartiere ripaga il prezzo del biglietto del treno (per i turisti) o della metro (per i milanesi).

Si racconta che in una notte invernale i coniugi Campiglio stessero tornando a Pavia, dove abitavano, dopo essersi recati alla Scala. Quella notte la nebbia si poteva "tagliare con un coltello", tant'è che la loro vettura si perse dalle parti di via Palestro; a quel punto lo sguardo dei due passeggeri cadde su un cartello con su scritto “Vendesi terreno edificabile”. La signora Gigina Necchi in Campiglio, esasperata da questi stressanti andirivieni tra Pavia e Milano, propose al marito di acquistare il possedimento per poterci costruire il loro “pied-à-terre” meneghino.

Per farlo si rivolsero all’archistar più in voga del momento, Piero Portaluppi, il quale diede decisamente il meglio di sé nel progettare la casa dei padroni della fabbrica che produceva macchine da cucire.

Villa Necchi Campiglio, ingresso

La villa (1935, via Mozart n° 14) si decise di costruirla al centro della proprietà per far sì che gli occupanti non fossero disturbati dai (pochi) rumori della strada. Per accedervi ad oggi c’è un vialetto che ospita svariate specie arboree; comunque quello che colpisce entrando in questa casa museo è il suo lussureggiante giardino.

La villa circondata dal giardino

Giardino che ospita, a poca distanza dalla primo impianto di balneazione pubblico d'Italia (Bagno di Diana in viale Piave), la prima piscina privata in città. Oltre a questa i coniugi si fecero costruire anche un campo da tennis, ad oggi riconvertito a spazio di incontro per svariate manifestazioni culturali.

Piscina che aveva, tra l'altro, il "lusso" di essere riscaldata


Quello che colpisce nell’entrare in casa è, oltre al lusso, i colori degli interni che tendono tutti alla tonalità del marrone (cromie di moda nei primi decenni del Novecento).

Salone di ingresso


Il piano rialzato era il luogo di rappresentanza e zona giorno, il primo piano risultava essere la zona notte, il sotto tetto ospitava le stanze della servitù, nel seminterrato avremmo trovato la cucina e gli spogliatoi per la piscina, la palazzina staccata dalla villa fungeva da alloggio del custode nonché da rimessa.

La parte più lussuosa e luogo di esposizione della bellezza accumulata dai padroni di casa era senz’altro il piano rialzato. Il primo piano ospita la camera da letto dei coniugi e la camera di Nedda Necchi, sorella zitella (allora si diceva così) di Gigina, nonché convivente della coppia. Il sottotetto (ad oggi sede di esposizioni artistiche temporanee) ha un tenore decisamente diverso: ambienti minuti e poco arieggiati davano alloggio al numeroso personale che manteneva questa piccola reggia.

Salone al piano rialzato 

Uno degli innumerevoli bagni della casa
(quello in foto è di Gigina Necchi)
Autore dell'immagine: Saliko 


Sottotetto 


Le cucine avevano pareti di un verde particolare
che si credeva fosse in grado di tenere lontano le zanzare.
Foto tratta dalla pagina Facebook della Villa


Alla morte di Gigina Necchi-vedova Campiglio (nel 2001, alla veneranda età di 99 anni), non essendoci eredi, la villa venne donata al FAI. Gigina, alla vigilia della sua dipartita, disse alla allora presidentessa del Fondo per L'Ambiente: "Guardami negli occhi e prometti che terrai questa casa e la difenderai come casa tua!". 

Insomma noi tutti dobbiamo solo ringraziare le sorelle Necchi, le quali hanno deciso di donare questo gioiello architettonico alla collettività impreziosendo una Milano così d'élite, una Milano così popolare.

Sorelle Necchi (foto tratta da www. enciclopediadelledonne.it)

Una delle famose macchine da cucire prodotte dalla "Necchi"

L'elegante veranda.
Per rendere la villa più sicura,
le stanze che si affacciano su di essa sono protette da porte blindate


Citofoni collocati nel seminterrato
che permettevano ai domestici di comprendere
da quale stanza proveniva la chiamata.
Foto tratta da www.onedayinitaly,com


Stanza della guardarobiera.
Questa domestica era l'unica che poteva permettersi di dormire
sullo stesso piano dei proprietari


"Il dormiente" (1921) di Arturo Martini



"La famiglia". Mario Sironi (1929)
Opera artistica che descrive bene la suddivisione dei ruoli
all'interno delle famiglie italiane di quel periodo


F. Depero "O la borsa o la vita" (1934)