mercoledì 21 dicembre 2022

VITA SPERICOLATA DELLA REGINA D'INGHILTERRA IN BARONA





Il nome di questa regina si fa quasi fatica a pronunciare: Carolina di Brunswick-Wolfenbuttel, eppure su di lei si potrebbe tranquillamente scrivere romanzi, sceneggiature e quant’altro.

Carolina infatti si dice fosse una principessa…poco nobile. Pare infatti che non avesse alcuna remora a dire quello che pensava, che sin da bambina amasse fare giochi da maschio sporcandosi e rifiutandosi di cambiarsi.

Carolina di Brunswick, 1798

Eppure il destino aveva scelto per lei un futuro glorioso: regina di Inghilterra 
(pur non essendo nata in Gran Bretagna).

Carolina nasce come principessa di Brunswick, in questa piccola città nel nord della Germania nel 1768 ed all'età di 24 viene scelta dal re inglese Giorgio III quale futura sposa del figlio Giorgio (decisamente poca fantasia nel scegliere i nomi tra i reali britannici). C’era un piccolo dettaglio che ad oggi può fare arricciare il naso, ma che all’epoca era socialmente accettato: Carolina e Giorgio erano cugini di primo grado.

Nel 1794 si trasferisce in Inghilterra per sposare George di Hannover, principe di Galles.

George di Hannover, 1780


Sin dall’inizio il rapporto tra i due futuri coniugi risulta essere burrascoso: appena si conoscono percepiscono di starsi antipatici reciprocamente… Eppure i matrimoni all’epoca non avvenivano per amore, ma per interessi (e lo spendaccione George, sposandosi con la ragazza tedesca, avrebbe visto incrementare le sue indennità monetarie da parte del Parlamento).

E’ così che l’8 aprile 1795 Giorgio si presenta all’altare completamente ubriaco. La prima notte, per sua stessa ammissione, fa molta fatica a consumare le nozze e complessivamente hanno solo tre rapporti sessuali. In uno di questi viene concepita l’unica erede al trono: Carlotta.

Carlotta Augusta di Hannover, 1817

Sin dall’inizio dunque i due cugini conducono vite separate alquanto goderecce, tanto da far meritare alla principessa del Galles il soprannome di “The immoral Queen” (la regina immorale).

A lungo andare le tensioni si sa portano a scontri o allontanamenti. Dopo 20 anni di infelice matrimonio Carolina viene invitata a lasciare il patrio suolo, cosa che lei prontamente accetta a fronte di 35.000 sterline annue (corrispondenti a circa €40.000 attuali).

Giunge quindi nei pressi di Milano, più precisamente in Barona dove risiede a lungo presso una sontuosa villa che purtroppo oggi non esiste più (si trovava a due passi dalla chiesa di san Nazaro e Celso) e qui, complice forse le nebbie della Pianura Padana, finalmente si innamora. Conosce infatti un ex ufficiale di fanteria, di origini cremasche, dall’aspetto decisamente… gradevole: tal Bartolomeo Pergami.

Chiesa san Nazario e Celso alla Barona.
Foto tratta da www. beweb.chiesacattolica,it


Sulla relazione molti milanesi hanno all’epoca spettegolato e tra questi anche Carlo Porta, il quale scrive un sonetto satirico piuttosto esplicito: Ma el Bergom (Pergami) saravell ricch, saravell cavalier, se non gh’avess avuu quel tocch d’usell?

Statua di Carlo Porta in via Larga, Milano


I due iniziano subito a frequentarsi in maniera stabile, non disdegnando di farsi vedere mano nella mano in pubblico. La principessa chiede addirittura alla famiglia Pergami di trasferirsi “a corte” (tutti tranne l’odiata moglie di Bartolomeo). Presso la lussuosa dimora Carolina inizia a tenere feste aperte a tutti, soprattutto ai popolani, tanto da guadagnarsi subito l’affetto degli abitanti di questo contado. Si racconta che i suoi ricevimenti fossero "molto allegri" (soprattutto in occasione del Carnevale) e per questa ragione la Barona si guadagna la fama di “luogo poco serio”.

A questo punto la principessa inizia a girare per l'Italia e il Mediterraneo intero, sempre con Bartolomeo, il quale in questo periodo riceve, grazie alla sua lady, anche un bel titolo nobiliare, capace di farlo finalmente elevare nella scala sociale. Ottiene infatti una Croce dei Cavalieri di Malta.


Bartolomeo Pergami
Foto tratta da www.cremonaoggi.it

Durante il soggiorno milanese l’odiato marito della "nostra eroina" diventa re con il titolo di Giorgio IV e Carolina automaticamente regina. Eppure le cose non vanno bene alla nobil donna inglese: in patria infatti il coniuge cerca di ottenere il divorzio, cosa possibile solo nel caso in cui uno dei due ammette il proprio adulterio (reato mai ammesso da parte di Carolina). Per questa ragione, per poter cioè difendere i propri interessi, la regina è costretta a lasciare l’amato Pergamo per recarsi in maniera precipitosa a Londra.

La Barona in compenso, cessato questo periodo euforico, senza sua Maestà Carolina, torna alla sua solita vita sonnecchiosa di campagna…

In Inghilterra la regina si oppone a tutti i costi alla separazione e per contrastare il marito, si arruffiana il popolo che a sua volta odia il re così spocchioso e spendaccione.

Timorosi dunque di una rivolta popolare, la magistratura nega il divorzio al re il quale da lì a pochi giorni viene incoronato nell'abbazia di Westminster.

Abbazia di Westminster


Carolina dunque, all’apice della propria testardaggine, nonostante non fosse stata invitata né nelle vesti di regina e né in qualunque altra veste, si presenta a corte intenzionata a farsi incoronare anche lei. Sul suo cammino però trova le guardie reali le quali giungono addirittura a puntarle le loro baionette al mento pur di convincerla a retrocedere. Solo i fischi e gli insulti del popolino convincono Carolina a tornare sui propri passi.

Triste nei suoi pensieri, la regina d’Inghilterra si sente molto male dopo poche ore dalla meschina figura fatta a Westminster…malessere che la porterà ad abbandonare le scene terrestri a 53 anni. Ufficialmente la morte è avvenuta per una occlusione intestinale, ma non si fa fatica a credere ad un avvelenamento da parte del marito, il quale solo così è riuscito finalmente a liberarsi dell'ingombrante moglie.

Il corteo funebre avviene in periferia per evitare nuovi disordini popolari, ma i sudditi saputa la notizia issano delle barricate tali da far passare il feretro in pieno centro, attraverso ali di londinesi in lacrime (a causa dei disordini dovuti al funerale, moriranno due plebei inglesi). Dopo tanto tumulto il feretro riesce a giungere nella sua patria natale: la Germania, dove viene sepolta in una tomba che riporta la scritta da lei voluta: qui giace Carolina, l’ingiuriata regina d’Inghilterra.

Bara della Regina Carolina
Foto gentilmente fornita dalla
Cattedrale evangelica luterana s.Blasii in Braunschweig 


A questo punto re Giorgio IV ha carta bianca per contrarre un matrimonio "felice" e avere finalmente un degno erede. Carlotta (la sua unica figlia legittima) è morta infatti qualche anno prima per parto, mettendo alla luce un pargolo privo di vita. Eppure il re si lascia sempre più andare ai piaceri terreni, non preoccupandosi di avere un erede e morendo 8 anni dopo Carolina per colpa forse dei suoi 130 kg! (Per la cronaca, a re Giorgio IV succede il fratello più giovane: Guglielmo IV).

Alla luce di questo triste ed incredibile racconto possiamo dunque smentire le voci secondo le quali in Barona non è mai successo nulla di importante: le cronache del tempo infatti ci raccontano di un contado lascivo e sempre animato da feste al limite della decenza, insomma la Barona come Capri ai tempi degli imperatori romani!

Piazza Ohm

domenica 13 novembre 2022

VIAGGIO CURIOSO DI SAN FRANCESCO SUI NAVIGLI DI MILANO



Dopo una gestazione di quasi 30 mesi è uscito finalmente il mio primo (e spero non ultimo;) 

libro!

VIAGGIO CURIOSO DI SAN FRANCESCO SUI NAVIGLI DI MILANO. DAL LAGO MAGGIORE AL TETTO DEL DUOMO.


San Francesco sui Navigli di Milano?? Certo che no. La storia che vi accingerete a

leggere tra le pagine di questo libro ricco di fotografie è quella di un blocco di

marmo trasportato lungo i canali artificiali di Milano, fino ai piedi del Duomo. Qui, in

un futuristico 2030, il minerale verrà poi trasformato nella statua del santo di Assisi.

Lungo il percorso dei Navigli il lettore avrà modo di conoscere le immense curiosità

che popolano questa porzione di città e conoscere personaggi tipici di una Milano di

oggi di ieri e di domani. 


Ecco un assaggio...

A questo punto decidiamo di andare a visitare la mastodontica chiesa di s.ta Maria delle Grazie al Naviglio, che rimane sull’altra sponda del Naviglio Grande. Per poterlo fare dobbiamo attraversare il corso d’acqua con l’ausilio del ponte Alda Merini. È davvero emozionante mettere piede su questa iconica passerella della zona (impreziosita inoltre dal suo nuovo nome di battesimo)!

All’ingresso della chiesa dalla facciata incompiuta, vediamo venirci in contro una donna urlante e abbiamo quasi la sensazione di essere come birilli da bowling pronti ad essere centrati in pieno.

La pia donna è la sacrestana e ci invita da lontano a spostarci da lì perché, esattamente dove ci troviamo, ha appena passato lo straccio.

Colti da tanto furore, nonostante il luogo sacro, ci viene spontaneo mentire dicendo che siamo giornalisti e che stiamo girando un servizio per il telegiornale su santa Maria delle Grazie. Mentre tiro fuori il cellulare per la ripresa, il volto di Laura (così si chiama) la sacrestana si rilassa e inizia a raccontare senza fermarsi più (mentre dentro di sé chiaramente si sta figurando come sarà il servizio che andrà in onda stasera sul telegiornale di prima serata).

In origine (XVI sec.) qui avremmo trovato una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie, che custodiva una immagine miracolosa di Maria tra san Giovanni Battista e san Rocco. Successivamente fu edificata una chiesa in forme barocche che però risultò essere piccola per i numerosi fedeli della zona. Per questa ragione venne riedificata nel 1908 nelle forme attuali. Era questa una chiesa molto venerata da parte dei lavandai milanesi, i quali si recavano presso l'altare del transetto destro, per rendere omaggio al loro santo protettore: sant'Antonio da Padova.









 

Facciata incompiuta

di santa Maria delle Grazie al Naviglio

 



Quadro miracoloso custodito all’interno della chiesa



Altare di sant’Antonio di Padova

 A questo punto Laura ci racconta una serie di aneddoti (così li definisce l’attempata signora. Tuttavia chiamarli “pettegolezzi” sarebbe forse una definizione più appropriata). Tra tutti i personaggi che hanno popolato in passato la zona sicuramente quello più emblematico era un predecessore della signora: Ton Novelli, sacrestano del parroco attorno agli anni venti del Novecento. Scapolo, minuto e canuto, annoiato da una vita priva di “colpi di scena”, aveva l’abitudine di infilarsi nei confessionali al posto del sacerdote, per ascoltare i segreti più nascosti delle donne (gli uomini avevano l’abitudine di confessarsi a viso aperto). Non era certo l’unico a farlo, eppure un giorno il temerario sacrestano venne scoperto da una parrocchiana che, incurante del luogo sacro, lo trascinò fuori dal confessionale, per poi colpirlo e graffiarlo insieme ad altre vicine del rione. L’episodio arrivò alle orecchie del vescovo il quale convocò tutti in Arcivescovado per la dovuta ramanzina. Sembrò finire tutto lì, ma il piccolo Ton non se la sentì più di tornare in quella chiesa, così si trasferì in un piccolo paese vicino ad Erba (dove tra l’altro, per conoscere i pettegolezzi, non c’era bisogno di far finta di essere il parroco).

A un certo punto interrompiamo la signora Laura che sembra un fiume in piena e, con la scusa che dobbiamo andare in redazione per il montaggio altrimenti non facciamo in tempo, la salutiamo.

Piacevole è il silenzio che ci investe in questa mattinata di sole ottobrina…


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                                                                   BUONA LETTURA!:)




domenica 16 ottobre 2022

MUGGIANO: ERNIA DI MILANO, LUOGO DEL MIO CUORE



Muggiano: quartiere di Milano talmente periferico da rientrare a fatica nelle cartine della città.

Muggiano: unico (o quasi) quartiere talmente lontano dal Duomo, da essere oltre la cerchia delle tangenziali.

Muggiano: quartiere di confine che rompe la composizione di cerchio quasi perfetto della città meneghina, tanto da meritarsi il soprannome di “ernia di Milano”.

Mappa di Milano. Nel cerchio, Muggiano

Se la cosa vi incuriosisce e googlate questo nome, fate attenzione a non confondervi con il quartiere spezzino.

Anche da quelle parti probabilmente durante l’Impero Romano viveva un certo Modius, veterano al quale fu assegnata una porzione di territorio quale ricompensa. Il nucleo abitato da lui fondato con il tempo poi prese il nome di Muggiano.

Scorcio delle vie storiche di Muggiano

Eppure se questo ordinato quartiere viene considerato una sorta di avamposto milanese, lo dobbiamo alla vicina Baggio.

Muggiano infatti fino al 1869 era comune autonomo (con le relative frazioni di Guascona, Guasconcina e Assiano), poi unito a Baggio, la quale venne accorpata alla “Grande Milano” cent’anni fa circa.

È questo un quartiere (anche se dall’aspetto sembrerebbe più un paese, un comune autonomo) con una forte impronta agricola (attualmente attorniato dal Parco Agricolo Sud). Fino a circa 20 anni fa infatti pochi erano gli abitanti, pochi gli edifici e tanti invece i campi (con le relative cascine). A partire dagli anni Novanta invece si è assistito a uno sviluppo edilizio piuttosto ordinato del quartiere, tanto che l’aspetto risulta avere complessivamente una sua omogeneità architettonica. Accanto ai palazzi moderni esistono ancora le abitazioni antiche ristrutturate.

Costruzioni moderne

L’edificio più antico sembrerebbe essere la chiesa del quartiere dedicata alla sorella di sant’Ambrogio: santa Marcellina. Eppure essa è solo del 1898 e venne edificata per poter ospitare la popolazione aumentata all’interno del borgo. Prima di essa infatti la chiesa era un edificio di ridotte dimensioni, ad oggi abitazione privata.

Chiesa di santa Marcellina


Antica chiesa di santa Marcellina

Eppure Muggiano, sparuto paesino agricolo di poche decine d’anime, contava ben due chiese nel XVII sec. Purtroppo quella dedicata a san Cornelio e Cipriano venne smantellata e i suoi arredi riutilizzati per abbellire la chiesa di Terzago, nei pressi di Trezzano sul Naviglio.

In compenso le cronache ci raccontano che quella di santa Marcellina nel 1566 non veniva utilizzata per il culto, bensì risultava avere funzioni di fienile, nonché colma di rifiuti.

La costruzione dell’attuale nuova chiesa permise a Muggiano di svincolarsi da Cesano Boscone a fine Ottocento. Fino ad allora infatti il borgo milanese faceva parte della pieve cesanese. Tuttavia il cardinale Andrea Ferrari stabilì che ogni anno, in occasione della festa patronale della parrocchia di Cesano Boscone, la chiesa di santa Marcellina doveva donare a quella cesanese una candela del peso di una libbra, dato che il terreno sul quale venne edificata la chiesa muggianese apparteneva alla pieve di Cesano…usanza persa nel corso degli anni.

Dettaglio curioso. Foto A. Cherchi



Piazzetta dedicata a Emanuela Loi e Francesca Morvillo.


Eppure, come precedentemente scritto, gli elementi maggiormente caratterizzanti di questo territorio erano e sono tuttora le cascine.

…Il borgo di Muggiano pare essere tutt’oggi un avamposto milanese “difficile da espugnare” da parte di un ipotetico nemico. Non presenta mura difensive, eppure i suoi ingressi all’abitato sono solo tre. Quello più utilizzato è senz’altro quello che passa sotto la tangenziale ovest, tangenziale che ha la capacità di separare il quartiere dal resto della città. Subito dopo il cavalcavia si apre sulla destra un grande prato sul quale spesso si vedono correre cavalli liberi (destinati purtroppo al macello), nonché luogo ospitante il Falò di sant’Antonio. Il 17 gennaio di ogni anno Muggiano diventa improvvisamente meta turistica: dai quartieri vicini sono tante le persone che si riversano su questo pratone dove ha luogo l’antico rituale del falò. Viene infatti dato fuoco ad una imponente catasta di legno con a capo un pupazzone a forma di “vecchia”. In questa maniera i contadini in passato bruciavano ciò che non serviva più del raccolto dell’anno precedente e preparavano i campi per l’aratura della prossima primavera, bruciando le sterpaglie raccolte. Durante il falò ancora oggi il parroco benedice tutti gli animali domestici che i padroni decidono di portare.

Falò di sant'Antonio, Cascina Paradiso

Il pratone altro non è che una parte della proprietà di Cascina Paradiso. Quest’ultima, con la sua denominazione così celestiale, si contrappone idealmente alla non lontana Cascina Linterno (il suo nome probabilmente deriva da Cassina de Infernum). Ha una origine molto antica (si pensa che risalga al XIII sec.); la ruota del mulino sul fontanile sant’Agnese produce corrente elettrica necessaria a tutta la struttura, grazie ad una dinamo montata su di essa (idea geniale...particolarmente oggi).

Ruota del mulino di Cascina Paradiso, foto di Andrea Cherchi

Il complesso di cascine di Assiano è anch’esso molto antico, forse addirittura di origini romane. Il suo fondatore pare fosse un certo Axilio e nel tempo divenne un comune molto importante. A fine XIX sec. contava “ben” 292 abitanti; ad oggi invece è abitato da UNA sola persona. Il complesso di edifici infatti è in completo stato di abbandono e i proprietari (ALER e Comune di Milano) sembra quasi che si siano dimenticati della sua esistenza. Solo 20 anni fa circa la cascina era parzialmente abitata; al suo interno infatti si poteva trovare una gustosa trattoria casereccia che vantava un antico e magnifico camino, nonché spazi esterni dove cenare e rilassarsi nelle calde sere estive (zanzare permettendo). Ad oggi invece è tutto tristemente abbandonato e il suo degrado è aggravato dal passaggio delle carovane di nomadi i quali, dopo la loro partenza, lasciano dietro di sé montagne di rifiuti.

Assiano

Nello scavare le fondamenta di un corpo di fabbrica, è venuta alla luce una risorgiva la quale una volta incanalata, grazie alla sua costante temperatura di 11 gradi tutto l’anno, permetteva di conservare nelle cantine il cibo, soprattutto d’estate.


Risaia al tramonto


Fino al 1841 Assiano era comune autonomo e, tra le sue frazioni c’era anche Monzoro. Ad oggi questa frazione del Comune di Cusago può vantare di avere una delle chiese più belle del territorio meneghino: l’abbazia di santa Maria del Bosco. La struttura venne edificata nel XIV sec., retta dall’ordine dei frati agostiniani e ancora oggi presenta pregevoli affreschi interni. Più comunemente chiamata santa Maria Rossa in Cusago, la chiesa oggi risulta essere di proprietà privata e viene aperta molto raramente.

L’antico proprietario della chiesetta, Paolo Gerli, fu una delle 17 vittime della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.


Santa Maria Rossa in Cusago. Foto tratta da www.storiadimilano.it


Eppure orgoglio di tutti i muggianesi sono le cascine Guascona e Guasconcina.

Accanto alla ormai quasi abbandonata Cascina Guasconcina sono state scavate nel secondo dopoguerra due cave per scopi edilizi. Una di queste ad oggi è una vera e propria oasi verde: il  Lago dei Cigni


Portale cinquecentesco di Cascina Guascona. Foto di A. Cherchi



Lago dei Cigni. Foto di A. Cherchi

 

Dopo una veloce incursione tra i campi e le cascine, torniamo a Muggiano, anticamente conosciuto come “il paese di oc” (il paese delle oche). L'attuale borgo milanese era ricco di allevamenti di questi pennuti, piatto tradizionale del pranzo di Natale e in quella occasione erano molti quelli che dalla città si recavano a Muggiano per comperarle. Eppure questo viaggio avveniva sempre con qualche timore, dato che si diceva che i muggianesi avessero proprio un brutto carattere. Un fatto di cronaca locale non può che confermare questa diceria: negli anni venti del novecento una domenica sera gli avventori dell’unica osteria del posto uscirono dalla locanda in gruppo per malmenare un passante in bicicletta. La sua colpa? Quella di non essere del luogo!

Per fortuna il carattere degli abitanti di questo quartiere ad oggi è cambiata: la popolazione è piuttosto giovane, eterogenea e di certo non scorbutica. Da vent’anni ormai abito qui e per la prima volta vivo con orgoglio il mio quartiere di appartenenza, lontano da tutti e comunque milanese!

 




lunedì 12 settembre 2022

Un milanese straordinario: MONSIGNOR POGLIANI

Statua di Monsignor Pogliani all'interno della Sacra Famiglia


Domenico Pogliani nacque in pieno centro a Milano in una famiglia di modeste condizioni economiche e arrivò a Cesano Boscone nel 1883 per riposarsi.
Fu individuato per lui, da parte dell'Arcivescovado, un piccolo borgo di campagna alle porte di Milano dove potersi ritirare per vivere serenamente, lui che a soli 45 anni già versava in pessime condizioni di salute.
Tuttavia, una volta giunto in quel di Cesano, si accorse che gli anziani, gli orfani, ma soprattutto i disabili venivano nascosti nelle cascine, senza ricevere nessun tipo di cure, anzi nascondendoli con vergogna alla vista dei vicini e parenti.
A quel punto, mosso da un forte spirito di carità, iniziò ad ospitare a casa sua cinque ragazzi disabili.
Dopo una decina di anni dal suo arrivo a Cesano, si ammalò gravemente e, in fin di vita, pregò la Madonna affinché lo facesse guarire; promise inoltre che avrebbe fatto costruire un ospizio in grado di assistere orfani, anziani e disabili.
Il miracolo puntualmente si compì e lui, ligio alla promessa fatta, fece costruire i primi padiglioni di quella che poi sarebbe diventata la Sacra Famiglia.

Ingresso della Sacra Famiglia

Tuttavia l'arzillo e gracile parroco, prima di quest'opera era stato in grado di far costruire un asilo per bambini e far ristrutturare completamente la Parrocchia di san Giovanni Battista che versava in pessime condizioni.
Per far edificare l'asilo e l'ospizio chiese in dono alla ricca signora Monegherio dei terreni di sua proprietà.
Ad oggi la generosità della donna è stata celebrata dal Comune di Cesano intitolandole una via che ancora ospita la scuola dell'infanzia.

 
Scuola dell'infanzia "Maria Bambina"

A distanza di circa trent'anni dalla sua guarigione l'anziano don Pogliani poté finalmente morire in pace, dal momento in cui era riuscito nel suo intento di assistere con amore tutti coloro che versavano in stato di fragilità e che, vista la loro lontananza dalla città, non ricevevano alcuna cura medica.

Sepolcro di don Pogliani presso la Sacra Famiglia


Ad oggi gli assistiti da parte degli "eredi" di don Pogliani, da qualche unità, sono passati a ben 11.460 (dato del 2020)! La Sacra Famiglia conta 22 servizi residenziali e territoriali in tre regioni d'Italia… Insomma il Monsignore, in attesa di beatificazione, ha decisamente seguito bene le orme del suo modello di carità: l'ormai santo don Giuseppe Cottolengo.

Monsignor Pogliani



Don Giuseppe Cottolengo

venerdì 27 maggio 2022

LE CROCI DI SAN CARLO

San Carlo Borromeo comunica un appestato di Carlo Saraceni


Certe volte è sorprendente accorgersi di quanto la storia umana tenda a ripetersi e di quanto l'homo sapiens tenda a rifare sempre gli stessi errori.

E' così che durante l'ultimo conflitto mondiale quelli che allora erano giovani con tutta l'esistenza davanti furono chiamati "a donare la propria vita per la nazione".

Alcuni ragazzi milanesi, prima di partire per il gelido fronte russo, si recarono in Duomo per fare un voto al Crocefisso di san Carlo: chiesero imploranti di tornare sani e salvi dall'assurdità della guerra.

Non sappiamo quanti di essi ci riuscirono; quello che sappiamo è che svariati soldati ebbero la fortuna di tornare ai piedi della croce per ringraziarla e donare i propri gradi e mostrine. Fino a qualche tempo fa infatti accanto all'oggetto sacro avremmo potuto ammirare tanti ex-voto a ricordo di quella sincera preghiera fatta nel 1941.   

Tra i soldati superstiti c'era sicuramente un pio signore dall'aspetto sobrio e massiccio. Ogni mese, fino a una quindicina di anni fa, si recava nei pressi del Crocefisso per donare un enorme mazzo di rose rosse come forma di ringraziamento per il pericolo scampato…

Croce di san Carlo in Duomo.
Foto tratta da www.famigliacristiana.it


Avremmo preferito sorridere pensando che certi errori l'uomo non li avrebbe fatti più ed invece ci troviamo ancora nel 2022 a leggere sui giornali di giovani vite sacrificate sempre, tra l'altro, nei confini dell'ex Unione Sovietica…

Per fortuna oggi i lumini accesi nei pressi della croce di san Carlo non ci ricordano battaglie, né pesti, ma ci ricordano che il Duomo, oltre ad essere un incredibile monumento, è anche un importante luogo di culto per la città. In particolar modo qui è possibile trovare fedeli inginocchiati e raccolti in preghiera; ognuno con la propria battaglia personale da combattere giorno per giorno. Ad accogliere questi pensieri rivolti al cielo non c'è solo la croce che venne portata in processione da san Carlo Borromeo, ma anche la tomba di un arcivescovo molto amato dai milanesi: Carlo Maria Martini.

Tomba Carlo Maria Martini 
Foto tratta da www.grcompany.wordpress.com


La croce qui esposta del Borromeo colpisce particolarmente in questo periodo di pandemia. Essa fu portata in processione da san Carlo per chiedere a Dio la grazia di allontanare la peste da Milano durante la famosa epidemia del 1576-77. 

Oltre a questa croce in Duomo ne possiamo trovare un'altra nella chiesa di santa Maria dei Miracoli presso san Celso (anch'essa protagonista di una processione per le vie cittadine); infine anche il santo Chiodo di Gesù fu portato in giro dal santo per poter chiedere la grazia. 

Crocefisso san Carlo 
in santa Maria dei Miracoli presso san Celso


Ad oggi potrebbe far sorridere pensare che le processioni potessero sortire l'effetto di far diminuire i contagi (vista la presenza di assembramenti); eppure san Carlo non fu così sprovveduto.

Il Borromeo infatti mise in atto una serie di provvedimenti atti a far sì che il sofferente popolo milanese potesse essere spiritualmente supportato. Supporto spirituale che tuttavia doveva scongiurare il diffondersi del morbo, soprattutto tra i religiosi deputati all'arduo compito di non lasciare soli sia sani che malati.

Il santo stesso non si risparmiò nell'assistenza agli appestati, tuttavia si approcciava ai fedeli con una bacchetta bianca in mano che serviva a tenere a debita distanza le persone; andava in giro con una candela accesa e una spugna intrisa di aceto per poter purificare le proprie mani e tutto ciò che toccava; le stesse monete che dava in elemosina erano costantemente in ammollo in aceto.

Alle processioni stesse potevano partecipare i fedeli rigidamente disposti su due file di una persona distanti tra di loro circa tre metri.

San Carlo risultò avere un grande intuito nel proporre di deratizzare quante più zone possibili; infatti solo dopo tre secoli circa venne scientificamente dimostrato che i topi ospitano i batteri di questa malattia.

Con il progredire dell'epidemia il Lazzaretto risultò insufficiente ad ospitare gli ammalati o sospetti tali. Per questa ragione il Cardinale propose al governatore di costruire dei villaggi fuori da ognuna delle sei porte cittadine, atte ad ospitare gli appestati. Al centro di questi piccoli Lazzaretti, sorse una cappella di legno facente funzioni di chiesetta dove celebrare le funzioni. La struttura venne elevata di circa tre metri per permettere a tutti gli ammalati di partecipare alle celebrazioni stando però ognuno nella propria capanna.

Allo stesso modo fece costruire numerose Crocette nei pressi delle abitazioni, affinché i fedeli potessero assistere alle preghiere collettive semplicemente affacciandosi alla propria finestra.

Crocetta nel quartiere di Quarto Cagnino

Furono queste disposizioni individuali, nonché di gruppo, in gran parte suggerite dall'arcivescovo, a far sì che Milano ebbe "solo" 17.000 perdite a fronte delle 70.000 vittime di Venezia.

 …Insomma un santo illuminato, nonostante l'Illuminismo fosse decisamente ben lontano!

Carlo Saraceni San Carlo Borromeo porta in processione il chiodo della croce
(1618) 

sabato 23 aprile 2022

LA SCHIVA SANTA MARIA DEI MIRACOLI PRESSO SAN CELSO


E' incredibile come corso Italia sia ai più sconosciuta, ma soprattutto come la sua chiesa più bella passi decisamente inosservata.

Santa Maria dei Miracoli presso san Celso rappresenta benissimo il carattere di Milano: mi vuoi conoscere? Vienimi a cercare!

Sì perché il capoluogo lombardo è così: famosa in tutto il mondo per il suo presente moderno e arrembante, mentre discreta nel mostrare le sue bellezze, soprattutto del passato.

Ecco quindi che una delle chiese più belle della città si nasconde dietro ad un muro bianco ed anonimo (vedasi anche san Maurizio, con la sua grigia facciata…) che funge da atrio.

Santa Maria dei Miracoli infatti è un trionfo di splendore e grazia manierista. Ne erano a conoscenza anche gli architetti del XIX sec. i quali decisero di arretrare l'ingresso della vicina chiesetta di san Celso, per permettere a santa Maria di emergere e godere di tutta la luce necessaria per illuminare gli interni.

Tutto nacque nel IV sec. d.C. quando qui, fuori le mura dell'antica Mediolanum, avremmo trovato campi e boschi utilizzati soprattutto per seppellire i morti, in particolar modo i cadaveri dei primi martiri cristiani.

La storia ci narra che sant'Ambrogio, tra i tanti resti qui presenti, riuscì ad individuare le reliquie di san Nazaro e san Celso, due dei primi martiri della città.

San Nazaro venne spostato nell'attuale Basilica di san Nazaro in Brolo, in corso di porta Romana (chiesa fatta costruire per volere di sant'Ambrogio e inizialmente chiamata Apostolorum), mentre san Celso non venne spostato e per conservare le sue spoglie fu edificata la chiesetta che noi oggi vediamo, con annesso monastero benedettino, poi demolito negli anni trenta del Novecento.

Immagine della struttura religiosa agli inizi del 1800
(sulla destra si nota il monastero benedettino)


Perpendicolare alla chiesa di san Celso fu costruita una piccola chiesa per costudire una tenera immagine di Madonna con Bambino (IV sec. d.C.).

Madonna di sant'Ambrogio (IV sec.)

La Madonna di sant'Ambrogio (così viene chiamata) non è molto originale come soggetto, eppure se sta così a cuore ai milanesi, una ragione c'è: si narra infatti che questa tenera Madre di Dio sia artefice di un miracolo.

Siamo nel XV sec., più precisamente il 30 dicembre del 1485. Milano è per l'ennesima volta flagellata da una brutta pestilenza e i suoi abitanti si ritrovano accalcati a pregare questa sacra immagine, affinché finisca l'epidemia.

A un certo punto il velo che copriva l'opera viene spostato dall'interno: è Maria che così facendo inizia a guardarsi attorno, come se stesse cercando qualcuno. Quindi inizia ad aprire le braccia per poi giungere le mani più volte, infine riposiziona il velo al suo posto. Da quel giorno la peste inizia a scemare in città "con rapidità incredibile" e i milanesi a gridare al miracolo. Accorrono da tutte le zone di Milano per adorare questo affresco e, così facendo, lasciano cospicue offerte. Offerte poi utilizzate per costruire la chiesa di santa Maria dei Miracoli, esattamente 8 anni dopo l'avvenimento straordinario (inizio dei lavori).

Santa Maria dei Miracoli, facciata

Eppure, se questa chiesa è così importante per la città, c'è un'altra ragione: anche oggi infatti le spose, dopo la cerimonia (magari di ritorno dal viaggio di nozze), si recano presso l'altare della Madonna di sant'Ambrogio per donare il bouquet del loro matrimonio alla "Madonna degli sposi". Quest'ultima altro non è che una pregevole statua dell'Assunta del 1586 posizionata sull'altare sopra all'affresco miracoloso.

Madonna degli sposi

La nona cappella lungo la navata sinistra conserva un quadro del XVI sec., nel quale è possibile ammirare Gesù che chiede la benedizione a sua Madre, prima di affrontare la Passione. E' per questa ragione che probabilmente le coppie si recano in questo santuario per ricevere la benedizione dopo il matrimonio e donare il bouquet alla Madonna degli sposi.

Carlo Urbino da Crema:
La Madonna benedice il Signore (XVI sec.)

Purtroppo ad oggi scarsi sono i fiori che troviamo ai piedi della Madonna degli sposi e questo è sicuramente dovuto al fatto che sono sempre meno le coppie che contraggono matrimonio.

Eppure la ragione principale è l'ignoranza: pochi ad oggi conoscono questa antica consuetudine e dunque compito dei milanesi è quello di non fare morire le tradizioni, continuando, come in questo caso, a portare i fiori alla statua dell'Assunta.

Confesso che anch'io, quando mi sposai non ne ero a conoscenza; sto quindi aspettando l'anno prossimo (ossia in occasione di un anniversario di matrimonio tondo tondo), per chiedere a mia moglie di recuperare!

Gli sposi che nel giorno del matrimonio o in occasione di un anniversario desiderano offrire fiori alla Madonna e ricevere la benedizione avvisino telefonicamente i Padri Tel 0258313187 


Dunque conosciamo meglio le curiosità di questa chiesa manierista dal carattere bello ma schivo.

Lungo il muro di cinta che affaccia su corso Italia è possibile scorgere un piccolo campanile: questo altro non era che l'elemento architettonico di una cappella interna dell'antica canonica.

Campaniletto della chiesetta di san Bartolomeo


All'interno dell'atrio è possibile notare una graziosa fontanella. Qui le coppie di sposi tradizionalmente venivano (anche in questo caso sarebbe bello poter utilizzare il tempo presente) a dissetarsi, come a dire che il cammino per la costruzione di una famiglia può essere faticoso, quindi c'è bisogno di ristorarsi. Fatica che può portare a degli squilibri di coppia e dunque l'acqua (elemento ricorrente nei santuari mariani) può aiutare a ritrovare l'equilibrio.

Fontanella del santuario


All'ingresso di santa Maria dei Miracoli (e noi ora sappiamo il perché di questo suo nome) si rimane incantati dall'abbondanza dei decori e dalla sua armonia.

Interno del santuario (foto tratta da www.santamariadeimiracoliesancelso.it)


La terza cappella sulla destra conserva l'antico Crocifisso di san Carlo (insieme a quello presente in Duomo) protagonista di un miracolo anch'esso: nel 1576 infatti il Borromeo, pur sapendo che così non avrebbe garantito il distanziamento sociale, fece una processione per le vie della città e da quel momento la peste iniziò ad abbandonare Milano. Fin tutto il XVIII sec. c'era la tradizione in città del "venerdì de marz": ogni venerdì la popolazione si recava in san Celso per adorare il miracoloso crocifisso. Questo offriva l'occasione di organizzare una vivace e chiassosa fiera nei dintorni della chiesa.

Crocifisso di san Carlo 


Sempre di un miracolo parliamo a proposito della Madonna delle Lacrime (conservata nella seconda cappella di sinistra), lacerto di affresco del XIV sec. Si narra (ma questa volta il miracolo non è stato riconosciuto dalla curia, diversamente da quello avvenuto con la Madonna di sant'Ambrogio) che nel 1620 la Madonna protagonista dell'opera iniziò a lacrimare in presenza di alcuni fedeli. Da allora è diventata meta di molti religiosi che qui vengono a pregare.

Cappella della Madonna delle Lacrime


Nel proseguire questa passeggiata virtuale, si passa davanti alla quinta cappella, sempre lungo la navata sinistra, nella quale è possibile non far caso ad un reperto di arte paleocristiana molto importante: il sarcofago del IV sec. Questo antico sepolcro custodiva le reliquie di san Celso ed era adagiato a sua volta all'interno di una sovracassa marmorea, ancora oggi ospitata nella vicina chiesina intitolata al martire cristiano.

Sovracassa, altare maggiore chiesa san Celso

La sovracassa in san Celso presenta un'apertura frontale che serviva ai fedeli per strofinare dei panni contro il sarcofago del santo, al fine di ottenere delle reliquie capaci di proteggere il credente. Per questa ragione la parte del bassorilievo del sarcofago in santa Maria che rappresenta Gesù con Pietro e Paolo risulta essere maggiormente consumato. Sulla sinistra si nota un dettaglio davvero curioso: una Natività con tanto di bue e asinello. Il primo a introdurre questi due animali nella scena della Natività fu san Francesco con il Presepe di Greccio (1233), il quale si rifece con tutta probabilità al Vangelo apocrifo dello pseudo-Matteo, risalente al VIII sec. Dunque possiamo affermare che la prima rappresentazione di Gesù Bambino tra i due animali venne fatta sul sarcofago di san Celso a Milano nel IV sec.! 

Sarcofago di san Celso


Prima di questa cappella son presenti le due Sacrestie della chiesa. In quella del Tesoro possiamo ammirare una originale lampada che pende dal soffitto. Fu donata al santuario dagli insorti delle Cinque Giornate ed infatti essa è adornata con svariati cannoni e bandiere in miniatura, a ricordo di quelle gloriose battaglie contro gli austriaci. 

Velo conservato in sacrestia. Anticamente copriva la Madonna di sant'Ambrogio.
 Ogni 30 dicembre viene esposto sull'altare maggiore.


Al termine della navata centrale è possibile ammirare quello che è stato definito "il più bel pavimento di Milano" e, bisogna ammetterlo, è davvero magnifico!

Pavimento del santuario (dettaglio)


Il coro ligneo dietro all'altare maggiore è davvero prezioso e cela dei dettagli molto curiosi: ogni stallo infatti riporta nei propri pannelli la figura di un piccolo animale.

Coro ligneo (dettaglio)


La chiesina di san Celso invece si presenta in forme neo romaniche per il suo radicale restauro del XIX sec. Restauro che l'ha ridimensionata per due terzi, per quanto riguarda la profondità e che la fa sembrare unica e originale con l'altare maggiore che si presenta ai suoi visitatori a pochi passi dall'ingresso. Come precedentemente scritto, san Celso venne accorciata per donare luce alla ricca chiesa di santa Maria dei Miracoli, ma soprattutto perché nel corso dei secoli la chiesina venne abbandonata e dunque non se ne colse il valore (ad oggi questo spazio viene utilizzato dalla comunità per iniziative di carattere culturale). 

Chiesa di san Celso (ingresso)

Per fortuna alcuni elementi si sono salvati, come ad esempio il portale centrale; sulla parte orizzontale si possono ammirare bassorilievi con la storia di san Nazaro e Celso. Quello che colpisce di più sono i due mostri che sorreggono l'architrave. A lungo gli esperti si sono chiesti perché vennero ritratti proprio in quella posizione, fino a giungere alla conclusione che la loro postura è dovuta semplicemente all'espletamento dei loro bisogni! Nella simbologia dunque l'autore di queste opere scultoree ci ha voluto comunicare che anche dalle bassezze umane possono nascere figure eccelse come quelle dei santi (sopra ritratti).

Portale centrale (dettaglio)


Infine se si ha l'occasione di girare per tutto l'edificio religioso accompagnati da una gentilissima guida del posto (sacerdote o sacrestana) si avrà la fortuna di accedere al sottotetto della chiesa. Qui è possibile vedere le vecchie tracce dell'antica struttura risalenti al XVII sec.

Antiche tracce di san Celso antecedenti al restauro 


Prima di salutare idealmente questo angolo di storia di Milano, godiamo un po' del giardino davanti a san Celso e, a proposito di angoli verdi, sarà sufficiente recarsi esattamente dietro la chiesa, per ascoltare un po' di quel silenzio così sconosciuto in corso Italia. In via Giuseppe Vigoni infatti esiste un giardino piccolo e prezioso, anch'esso desideroso di farsi conoscere!

                                                    SALUTI DA MILANOCURIOSA!

Foto scattata nel giardino di via Vigoni (terza persona da sinistra: Angelo Quaranta, amministratore della pagina Facebook Milanocuriosa. Settima persona da sinistra: Francesco Mezzotera, autore di questo blog. Un sentito ringraziamento ai partecipanti della "passeggiata curiosa").