domenica 22 marzo 2020

CINQUE GIORNATE DAVVERO GLORIOSE...DAVVERO CURIOSE



Foto tratta da www.wikiwand.com


Le cinque giornate, sappiamo tutti, è quel periodo che va dal 18 al 22 marzo del 1848, in cui i milanesi, ribellandosi allo straniero, riuscirono finalmente ad affrancarsi dal dominio austriaco (almeno temporaneamente).


Eppure le premesse a questi eccezionali giorni dobbiamo cercarle in ciò che successe qualche mese prima. Con l'inizio del nuovo anno i cittadini meneghini decisero di danneggiare l’economia dell’odiato invasore, rinunciando al fumo. I tabacchi infatti facevano parte del monopolio di stato e non comprare più tabacco avrebbe leso le casse asburgiche.
E’ sicuramente incredibile pensare come tutto abbia avuto inizio grazie ad una “statua parlante”.

Foto di Francesco Mezzotera
Ci troviamo in corso Vittorio Emanuele, davanti ad un famoso negozio di abbigliamento. Quella ritratta nella foto è un’antica statua romana simile al Pasquino di Roma, una scultura sulla quale venivano affissi dei cartelli con lo scopo di sbeffeggiare di nascosto i potenti della città. Abitudine che era soprattutto in voga durante il Risorgimento, tanto che le autorità cittadine spostarono la statua al primo piano dell'abitazione dove si trovava allora (ai piedi di un palazzo in via san Pietro all'Orto), ma questo non impedì ai milanesi di appendere un cartello che invitava allo sciopero dei sigari.
Il suo nome deriva dalla prima parola dell'iscrizione di Cicerone ai piedi della statua "Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est" (Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a parlare contro un altro), ma viene anche comunemente chiamato Omm de Preja, cioè uomo di pietra.
Lo sciopero del fumo durò 6 giorni e provocò ben 6 morti tra gli inermi milanesi (tra cui anche un bambino di 4 anni).


La tensione durò qualche mese ed ebbe modo di sfogarsi il 18 marzo del 1848. In quel giorno infatti una pacifica manifestazione contro il dominio austriaco sfociò in men che non si dica in una rivolta armata.
I milanesi, male equipaggiati, ma carichi di rabbia, scesero compatti in piazza per lottare contro i soldati austriaci. La partecipazione fu massiccia e trasversale: accanto ai patrizi potevamo vedere uomini di umili origini; gli orfani meneghini (i famosi Martinitt) facevano da staffetta, mentre gli astronomi usavano i propri strumenti di lavoro per pattugliare la città. Furono subito erette barricate con tutto ciò che poteva servire all'uopo; donne milanesi lanciavano olio bollente dalla finestra al passaggio dei soldati austriaci; la campana della torre del Palazzo dei Giureconsulti suonò talmente tanto e con vigore, per poter “richiamare in battaglia” i milanesi, che alla fine si spezzò.

Foto tratta dalla pag FB del Museo del Risorgimento
Vista la situazione il vecchio generale Radetzky, capo dell’esercito austriaco stanziato nel Lombardo Veneto, diede l’ordine di ritirata nel Castello Sforzesco che allora altro non era che una caserma. Tuttavia i soldati austriaci circondarono ed isolarono la città, occupando tutte le porte cittadine. I milanesi però non si persero d’animo e, per invitare i lombardi ad unirsi alla lotta, utilizzarono delle piccole mongolfiere, capaci di superare le mura milanesi e recapitare messaggi scritti a coloro che abitavano fuori Milano; messaggi che invitavano ad unirsi alla lotta contro il nemico comune austriaco!


La città venne ferita durante i combattimenti e ad oggi qualche segno è ancora rimasto sugli edifici.

Palla di cannone (con data 20 marzo 1848)
 incastonata nella parete esterna del Palazzo Acerbi, in c.so di p.ta Romana
Foto tratta da www.robertovisigalli.it

Palazzo Cusani, in via Brera.
Sulla facciata posteriore è incastonata una palla di cannone scagliata dall'esercito austriaco
 durante le Cinque giornate di Milano. Foto di Francesco Mezzotera


Casa de' Marchi, c.so Venezia 13. Foto di Francesco Mezzotera



L’ultima delle cinque giornate fu davvero gloriosa: i milanesi riuscirono a conquistare l’allora porta Tosa. Vista la mal parata, l’esercito austriaco, batté in ritirata verso il Quadrilatero (Mantova, Verona, Peschiera del Garda, Legnago). Erano queste città infatti fortemente in mano agli austriaci.
Per l’occasione Porta Tosa venne ribattezzata Porta Vittoria.

P.za cinque giornate con i caselli daziari della vecchia porta Vittoria.
Foto tratta da www. wikiwand.it


Il giorno successivo l’ambizioso Carlo Alberto di Savoia (che sognava di sconfiggere con il suo piccolo esercito la potenza militare austriaca), scese in campo accanto ai milanesi. Iniziò così la Prima Guerra di Indipendenza che fu caratterizzata da una serie di battaglie sanguinose, sempre a scapito dell’esercito sabaudo. Fu così che di sua iniziativa il re piemontese decise, il 4 agosto dello stesso anno, di firmare la resa.
Quando i focosi milanesi seppero di questa sua iniziativa unilaterale, si riunirono spontaneamente sotto il balcone di Palazzo Brentani che ospitava il “re deludente” e, carichi di rancore, protestarono, tanto che qualcuno addirittura imbracciò il fucile per sparare dei colpi contro Carlo Alberto affacciato al balcone.

Palazzo Brentani, via Manzoni.
Foto tratta da www.milanodavedere.it
Fu così che, a partire dai principi di Agosto, la bella favola delle cinque giornate svanì, per ritrovarsi nuovamente governati dagli odiati austriaci (con tanto di sorriso sornione da parte di Radetzky!).
Foto tratta da www.alamy.it


Sarà necessario aspettare la Seconda Guerra di Indipendenza (1859) per vedere finalmente la Lombardia annessa al Regno di Sardegna, sotto il re Vittorio Emanuele II.

Monumento a Vittorio Emanuele II in p.za Duomo.
Foto tratta dalla pag FB di Milano sparita e da ricordare



Dovremo invece attendere il 1895 per vedere celebrate le gloriose cinque giornate in un monumentale obelisco che ospita nella sua cripta i resti dei milanesi morti durante l’insurrezione.

Monumento alle cinque giornate
Cripta del monumento alle cinque giornate.
 Foto tratte da www.lemiepasseggiate.blogspot.com

   





Abbiamo visto come il Castello Sforzesco nel XIX sec. fosse considerato semplicemente una caserma e, in quanto tale, capace di dare ospitalità alle truppe austriache minacciate dai civili milanesi. Ad oggi l’unica testimonianza di quella dominazione straniera all'interno del maniero è la statua di san Giovanni Nepomuceno, protettore degli Asburgo, situata nella piazza d’Armi.

Foto di Giovanni Dall'Orto
…Eppure la pronuncia del nome del santo è sempre risultata ostica, tanto che i milanesi, con il loro spirito pragmatico meneghino, l’hanno ribattezzata “san Giovan né pu né men!”



Sempre al Castello Sforzesco, presso i musei in esso ospitati, è possibile ammirare un bassorilievo davvero insolito: una fanciulla in procinto di tosarsi il pube. Quest’opera si trovava anticamente sulla Porta Tosa medievale (che diede il nome alla porta Tosa seicentesca, poi ribattezzata porta Vittoria) e pare che il suo nome derivi proprio dall'immagine della fanciulla. Le interpretazioni sono diverse: potrebbe essere la rappresentazione di una prostituta (anticamente queste professioniste dovevano per legge, per una questione igienica, radersi il pube) o lo sberleffo fatto dai milanesi alla moglie dell’imperatore Federico Barbarossa (Beatrice di Borgogna), reo di aver raso al suolo la città. Per vendicarsi i milanesi ritrassero l’imperatrice in questa posizione oscena.

Foto tratta da www.ilmilaneseimbruttito.com



Concludo questo mio scritto con un quadro ospitato nel Museo del Risorgimento.
Rappresenta la reazione emotiva dei milanesi alla lettura del bollettino di Villafranca con cui, al termine della Seconda Guerra di Indipendenza, la Lombardia veniva ammessa al Regno di Sardegna, diversamente dal Veneto che rimaneva territorio austriaco. Come si evince dall'opera, questa decisione suscitò entusiasmi e delusioni… Una domanda però mi sorge spontanea: cosa ci faceva Jovanotti nella Milano del 1859?

 "L'arrivo del bollettino di Villafranca" di Domenico Induno (1862)
Foto tratta da 
 http://www.edixxon.com
 
Foto di Francesco Mezzotera

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