venerdì 27 maggio 2022

LE CROCI DI SAN CARLO

San Carlo Borromeo comunica un appestato di Carlo Saraceni


Certe volte è sorprendente accorgersi di quanto la storia umana tenda a ripetersi e di quanto l'homo sapiens tenda a rifare sempre gli stessi errori.

E' così che durante l'ultimo conflitto mondiale quelli che allora erano giovani con tutta l'esistenza davanti furono chiamati "a donare la propria vita per la nazione".

Alcuni ragazzi milanesi, prima di partire per il gelido fronte russo, si recarono in Duomo per fare un voto al Crocefisso di san Carlo: chiesero imploranti di tornare sani e salvi dall'assurdità della guerra.

Non sappiamo quanti di essi ci riuscirono; quello che sappiamo è che svariati soldati ebbero la fortuna di tornare ai piedi della croce per ringraziarla e donare i propri gradi e mostrine. Fino a qualche tempo fa infatti accanto all'oggetto sacro avremmo potuto ammirare tanti ex-voto a ricordo di quella sincera preghiera fatta nel 1941.   

Tra i soldati superstiti c'era sicuramente un pio signore dall'aspetto sobrio e massiccio. Ogni mese, fino a una quindicina di anni fa, si recava nei pressi del Crocefisso per donare un enorme mazzo di rose rosse come forma di ringraziamento per il pericolo scampato…

Croce di san Carlo in Duomo.
Foto tratta da www.famigliacristiana.it


Avremmo preferito sorridere pensando che certi errori l'uomo non li avrebbe fatti più ed invece ci troviamo ancora nel 2022 a leggere sui giornali di giovani vite sacrificate sempre, tra l'altro, nei confini dell'ex Unione Sovietica…

Per fortuna oggi i lumini accesi nei pressi della croce di san Carlo non ci ricordano battaglie, né pesti, ma ci ricordano che il Duomo, oltre ad essere un incredibile monumento, è anche un importante luogo di culto per la città. In particolar modo qui è possibile trovare fedeli inginocchiati e raccolti in preghiera; ognuno con la propria battaglia personale da combattere giorno per giorno. Ad accogliere questi pensieri rivolti al cielo non c'è solo la croce che venne portata in processione da san Carlo Borromeo, ma anche la tomba di un arcivescovo molto amato dai milanesi: Carlo Maria Martini.

Tomba Carlo Maria Martini 
Foto tratta da www.grcompany.wordpress.com


La croce qui esposta del Borromeo colpisce particolarmente in questo periodo di pandemia. Essa fu portata in processione da san Carlo per chiedere a Dio la grazia di allontanare la peste da Milano durante la famosa epidemia del 1576-77. 

Oltre a questa croce in Duomo ne possiamo trovare un'altra nella chiesa di santa Maria dei Miracoli presso san Celso (anch'essa protagonista di una processione per le vie cittadine); infine anche il santo Chiodo di Gesù fu portato in giro dal santo per poter chiedere la grazia. 

Crocefisso san Carlo 
in santa Maria dei Miracoli presso san Celso


Ad oggi potrebbe far sorridere pensare che le processioni potessero sortire l'effetto di far diminuire i contagi (vista la presenza di assembramenti); eppure san Carlo non fu così sprovveduto.

Il Borromeo infatti mise in atto una serie di provvedimenti atti a far sì che il sofferente popolo milanese potesse essere spiritualmente supportato. Supporto spirituale che tuttavia doveva scongiurare il diffondersi del morbo, soprattutto tra i religiosi deputati all'arduo compito di non lasciare soli sia sani che malati.

Il santo stesso non si risparmiò nell'assistenza agli appestati, tuttavia si approcciava ai fedeli con una bacchetta bianca in mano che serviva a tenere a debita distanza le persone; andava in giro con una candela accesa e una spugna intrisa di aceto per poter purificare le proprie mani e tutto ciò che toccava; le stesse monete che dava in elemosina erano costantemente in ammollo in aceto.

Alle processioni stesse potevano partecipare i fedeli rigidamente disposti su due file di una persona distanti tra di loro circa tre metri.

San Carlo risultò avere un grande intuito nel proporre di deratizzare quante più zone possibili; infatti solo dopo tre secoli circa venne scientificamente dimostrato che i topi ospitano i batteri di questa malattia.

Con il progredire dell'epidemia il Lazzaretto risultò insufficiente ad ospitare gli ammalati o sospetti tali. Per questa ragione il Cardinale propose al governatore di costruire dei villaggi fuori da ognuna delle sei porte cittadine, atte ad ospitare gli appestati. Al centro di questi piccoli Lazzaretti, sorse una cappella di legno facente funzioni di chiesetta dove celebrare le funzioni. La struttura venne elevata di circa tre metri per permettere a tutti gli ammalati di partecipare alle celebrazioni stando però ognuno nella propria capanna.

Allo stesso modo fece costruire numerose Crocette nei pressi delle abitazioni, affinché i fedeli potessero assistere alle preghiere collettive semplicemente affacciandosi alla propria finestra.

Crocetta nel quartiere di Quarto Cagnino

Furono queste disposizioni individuali, nonché di gruppo, in gran parte suggerite dall'arcivescovo, a far sì che Milano ebbe "solo" 17.000 perdite a fronte delle 70.000 vittime di Venezia.

 …Insomma un santo illuminato, nonostante l'Illuminismo fosse decisamente ben lontano!

Carlo Saraceni San Carlo Borromeo porta in processione il chiodo della croce
(1618) 

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